75 anni fa il primo ordigno nucleare contro Hiroshima

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Era il 6 agosto del 1945, le 8:16, la data esatta in cui più di 200 mila persone, tra uomini, donne e bambini innocenti, persero la vita a causa della guerra, o meglio a causa dell’egocentrismo e della supremazia umana, che sceglie quali vite valgono e quali no. 75 anni fa, il primo ordigno distrugge le vite esplodendo su Hiroshima.

La “scusa”, come se una qualsiasi motivazione potesse essere usata come scusante per tutte le vite umane interrotte, usata dal Presidente degli Stati Uniti Truman, fu che “la popolazione giapponese avrebbe combattuto fino alla morte”, così come era avvenuto anche ad Okinawa.

La verità, però, era che gli Stati Uniti volevano dimostrare la loro superiorità bellica a Stalin, uccidendo, però, fin troppi innocenti che, con la guerra e in quella loro misera sfida a chi è superiore, non c’entravano nulla.

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Fonte: Twitter

Uccidendo persone che avrebbero potuto dare un proprio contributo al mondo, ma che sono stati spazzati via dall’insensibilità degli esseri umani.

Dicono che in fin dei conti la guerra era stata iniziata dal Giappone e dalla Germania, quindi tanto innocenti i giapponesi non lo erano: ma basta questo per giustificare così tante morti? Per togliersi un peso dalla coscienza? Che colpa ne aveva la piccola Yoko Moriwaki, una bambina di 13 anni che scrive una pagina di diario per ogni giorno di guerra, fino al 5 agosto, poiché, il 6 agosto, ha perso la vita?

Cercare di giustificare le morti di Hiroshima è da vili, bisogna solo ricordare le loro vite spezzate e soprattutto imparare qualcosa da loro: l’ordigno nucleare esploso su Hiroshima ha ucciso più di 200 mila persone, eppure oggi, nel 2020, a 75 anni di distanza, esistono ancora 13865 ordigni nucleari, la maggior parte presenti in Russia e negli USA.

Che cosa abbiamo imparato da quelle morti? A cosa sono servite? Cosa ci ha lasciato la guerra, oltre distruzione e morte?

Hiroshima: cosa avvenne il 6 agosto del 1945

Era una giornata tranquilla a Hiroshima, per quanto potesse essere tranquilla una giornata in un periodo di guerra. Erano le 8:16 locali, le strade cominciavano ad affollarsi. I bambini giocavano, gli anziani passeggiavano, gli adulti si accingevano ad andare a lavoro. Nessuno sapeva che quella sarebbe stata la loro ultima giornata. D’altronde, come lo si poteva immaginare?

La data scelta era tattica, strategica, poiché delle nubi coprivano Hiroshima, permettendo agli aerei americani di sorvolarla senza farsi notare dai cittadini. Volevano essere invisibili, delle ombre, dei fantasmi.

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Fonte: twitter

Erano le 8:15 e 45 secondi quando il bombardiere B-29 statunitense Enola Gay sgancia l’atomica su Hiroshima, che, dopo 43 secondi di caduta libera, esplode a 580 m di altezza dalla città. Insieme a lui, altri cinque aerei: tre di scorta, uno (The Great Artiste) per le misure scientifiche dell’esplosione e uno (Necessary Evil) per le riprese video e fotografiche della distruzione. Perché, quello dove hanno perso la vita più di 200 mila persone, era un esperimento.

Dovevano far vedere il fungo esploso sulla città, che è stata prima interrotta da un forte boato e poi avvolta aggressivamente da un’immensa luce che ha spazzato via chiunque. Sul momento, le vittime erano tra le 70 mila e le 80 mila, ma nei giorni e mesi successivi, salirono a più di 200 mila, distruggendo più del 90% delle strutture delle città.

I soccorritori fanno sapere di come, quando cercavano di spostare i feriti, la loro pelle si staccava. Hiroshima era divenuta una città fantasma, tra desolazione, rovine e troppo silenzio. Una testimonianza importante è anche quella di un padre gesuita e futuro generale dei gesuiti Pedro Arrupe, che riguardo l’esplosione scrive:

«Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8.15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista.

Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’un l’altra mentre si trascinavano lungo la strada.

Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano.

L’esplosione ebbe luogo il 6 agosto. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell’aiuto di Dio.

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Fonte: twitter

In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione per la Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l’uno all’altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore».

Oggi, di quelle vite perse, sono rimasti dei ricordi delle persone che erano, delle ombre sul cemento, dei monumenti memoriali. Avrebbero potuto essere chiunque nel mondo, ma sono nati nel posto e nel periodo sbagliato, poiché la cattiveria umana era forse al suo apice, e non ha avuto pietà di nessuno.

Hiroshima: 75 anni dopo

Sarebbe utopico pensare che, 75 anni dopo la morte di più di 200 mila persone, le atomiche siano state del tutto disintegrate, insieme a ogni pensiero di guerra. Ma, purtroppo, non è così. Sembra che quelle vite siano state sprecate inutilmente.

Accadeva 75 anni fa, le notizie a livello mondiale di quel che era avvenuto alle 8:16 di quel 6 agosto aHiroshima arrivarono solo dopo 16 ore dalla Casa Bianca, poiché la città non era più in onda sulle frequenze radiotelevisive: la linea telegrafica si era interrotta e ogni tipo di collegamento ferroviario e stradale risultava bloccato.

Questo, fece scattare un primo campanello di allarme a Tokyo, che mandò un ufficiale a controllare cosa fosse accaduto, quello che si trovò davanti il giovane incredulo fu un’Hiroshima in fiamme, desolata, deserta.

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Fonte: focus.it

Oggi di Hiroshima ne rimane il ricordo, quel monumento rimasto eretto proprio sotto dove è esplosa la bomba, quello che in quei tempi era il Product Exhibition Hall, oggi conosciuto come Hiroshima Peace Memorial o Atomic Bomb Dome o Genbaku Dōmu, ovvero “cupola della bomba atomica”.

Diciamo spesso di imparare dai nostri errori, tuttavia come è esplosa la prima atomica su Hiroshima, può accadere di nuovo (così come pochi giorni fa ci sono state due grandi esplosioni a Beirut, sebbene il paragone non può assolutamente essere fatto), finché le atomiche verranno ancora prodotte. Non avevamo la certezza sul passato, e non l’abbiamo nel futuro.

 

 

«Gli uomini sono così: inventano la bomba atomica, uccidono con essa centinaia di migliaia di creature, e poi vanno sulla Luna. Né angeli né bestie ma angeli e bestie.»

Oriana Fallaci

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