SFS – Studenti che cambiano la realtà: l’intervento sul non mollare e non farsi definire un fallimento

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Nella giornata di oggi ho vinto contro la mia ansia e ho parlato a un pubblico di 1500 ragazzi delle scuole superiori provenienti da tutta Italia riguardo la scelta e la salute mentale in ambiente universitario e scolastico. La scuola di formazione (SFS 2023) si è svolta a Montesilvano dal 24 al 26 marzo e questa edizione, cito il sito ufficiale, «si inserisce nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo e ha l’obiettivo di farci incontrare e confrontare su come poter essere studentesse e studenti in grado di poter cambiare la realtà». Al centro della scuola, anche l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

«Le crisi che stiamo abitando in questi anni e le prospettive specifiche dell’agenda 2030 chiedono a ciascuno di noi studenti e studentesse un impegno concreto verso la transizione ecologica, la diffusione della cultura digitale e la garanzia di una dignità sociale che sia autentica e sostenibile. Per questo motivo, a Montesilvano, approfondiremo questi tre temi nello specifico della loro individualità ma anche nelle intersezioni che si creano tra gli stessi, in quanto “tutto è connesso” (Laudato Si’ 117)», leggiamo sempre sul sito ufficiale. Ma cos’è la SFS 2023?

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È una scuola di formazione per studenti proposta dal MSAC, ovvero il Movimento Studenti Azione Cattolica, creato in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Le tematiche di quest’anno hanno girato intorno agli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, facendo interrogare gli studenti su dignità umana, transizione ecologica e cultura digitale. Qualche parola anche sul MSAC: è un’associazione studentesca riconosciuta dal ministero dell’istruzione e nasce dagli studenti di Azione Cattolica, senza alcun tipo di discriminazione ideologica, politica, religiosa e culturale.

La SFS di quest’anno è «il frutto di una lunga serie di partnership e alleanze che ci auguriamo possano aiutarci a riflettere e condividere passi possibili verso i 17 goals dell’agenda ONU. In particolare, l’iniziativa è stata sostenibile grazie al contributo di Confcooperative, Fondo Sviluppo e Federcasse». Fra i vari ospiti, sono stata chiamata a parlare anche io riguardo l’università, la scelta e soprattutto il fallimento, in quanto, lo sappiamo fin troppo bene, nel 2023 si sono suicidati già tre studenti, ed è inaccettabile.

Vi ricordiamo la categoria “Università” in cui trovate tutti gli articoli scritti a riguardo.

Università, scelta, fallimento: discorso alla SFS 2023 (MSAC)

A soli 19 anni si laurea in Filosofia: chi è lo studente da record“, “Si laurea a 20 anni in Giurisprudenza: è il più giovane laureato d’Italia“, “Si laurea a 20 anni in Economia“, “Si laurea a 20 anni al Politecnico di Milano”, “A 21 anni batte tutti: si laurea in Giurisprudenza con 110 e lode”, “Laureata a 21 anni: ragazza record”, “Si laurea in tempi record a soli 21 anni: il primato in Italia”.

Sono solo alcuni dei titoli che ho trovato nella prima pagina di Google scrivendo “laureato a x anni”. Analizziamo un attimo: “studente da record“, “più giovane laureato d’Italia, “batte tutti”, “ragazza record”, “primato d’Italia”: ma quando l’Università è diventata una gara?

Cari ragazzi, cari studenti, non vi preoccupate. Il problema non siete, o non sarete, voi che vi laureate in fuoricorso, che non riuscite a trovare il tempo per studiare, che siete psicologicamente distrutti da questa società che non riesce a valorizzare la nostra salute mentale, che siete sommersi da quest’articoli tossici con percorsi di vita irraggiungibili per chi non ha già una buona base economica, che ogni tanto volete solo chiudere gli occhi e trovare pace nel sonno.

Che non decidete di non dormire per studiare, ma che non riuscite a dormire a causa dei troppi pensieri, dell’ansia, della depressione, di tutta questa pressione che non ci fa respirare come se ci trovassimo in un limbo in cui se ci fermiamo, ci sentiamo in colpa perché è così che ci hanno insegnato: più vai veloce, più sei migliore degli altri.

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Disegno di Emanuel Simeoni sul discorso

Fermati, respira, piangi, urla, corri, guarda una serie tv, un film, un anime, leggi un libro, fai qualsiasi cosa ti faccia stare bene e non sentirti in colpa perché qualcuno ti fa credere che stai perdendo tempo, che qualcuno ti supererà. Percorri la tua strada, cadi, arrabbiati e piangi per quei normalissimi fallimenti, ma ricorda sempre che tu non sei uno di loro. Poi rialzati, e cadi ancora, e ancora, e ancora, perché è normale. È normale cadere, e rialzarsi, e cadere ancora, e rialzati sempre. Prima o poi l’università finirà, ma non finire te stesso a causa del tuo percorso di studi.

L’Italia è l’ultimo paese in Europa per salute mentale. Lo denuncia il report 2023 di AXA Mind Health. «L’Italia è il Paese la cui popolazione è più colpita sul fronte della salute mentale», e fondamentale è l’età dei soggetti più a rischio, ovvero i giovani. Solo 1 giovane su 12 riporta uno stato di benessere mentale pieno. Uno su dodici. Perché? Abbiamo l’incertezza sul futuro, la solitudine e l’immagine corporea, ma anche una maggiore sensibilità alla tematica del cambiamento climatico.

Quest’anno, quindi parliamo degli ultimi tre mesi, tre studenti universitari si sono suicidati. Due di loro hanno esplicitamente parlato di fallimento. Quello che ho compreso nei miei anni di università, è che ti fanno credere che l’importante è solo avere una corona in testa e una foto sui social, e se non riesci entro i tempi stabiliti, ti mettono addosso la targhetta del fuoricorso. Ma sapete una cosa? Ognuno ha i propri tempi.

Questo, se vorrete iniziare un percorso universitario, non dimenticatelo mai. Io sono dovuta andare in Erasmus per comprendere come il problema non siamo noi studenti, ma un sistema universitario che ci vede come numeri di matricola e cervelli vuoti da riempire di nozioni. Quindi, voi scegliete di seguire solo la vostra strada senza farvi minimamente influenzare da quella degli altri, e soprattutto senza lasciare che nessuno vi faccia sentire sbagliati, che vi faccia sentire un fallimento solo perché avete delle normalissime difficoltà.

È così che noi possiamo migliorare la situazione. Di certo non possiamo – letteralmente – far partire una rivolta contro dei ministeri che ripetono sempre di voler parlare con noi, ma che concretamente non ci ascoltano mai. Certo, possiamo manifestare perché ne abbiamo il diritto. Ma intanto possiamo cominciare facendo consapevolezza.

Possiamo parlare delle nostre debolezze senza alcuna vergogna, di quella volta che la professoressa ci ha detto che era imbarazzante interrogarci, o di quando un professore ci ha urlato contro che non ci avrebbe mai fatto laureare. Possiamo parlarne e trovare delle soluzioni. Possiamo essere amici e non rivali, passarci gli appunti e scambiarci informazioni sugli esami, darci la mano e percorrere questa strada tutti insieme.

Soprattutto, non dimentichiamo tutti i nostri compagni, i nostri colleghi che non ci sono più. Dobbiamo farlo cercando di affrontare un sistema scolastico e universitario che ci fa sentire un fallimento e ci fa pensare che è normale sentirsi così, perché così è stato per quelli che oggi sono i docenti, per i nostri nonni o genitori, e quindi ora tocca a noi. Ma voi dovete essere la generazione che dice basta e blocca il loop di sofferenza, il loop del fallimento, ma non dello studente.

Perché il fallimento non è lo studente che si è suicidato, non siamo noi, e non è neanche l’università. Il fallimento è del Paese, dell’Italia, dell’Università che deve essere sofferenza, quando invece dovrebbe essere passione.

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Diana Biondi, ultima studentessa che si è suicidata nel 2023

Scegliete di studiare qualcosa che vi piace e che vi renderà felici, senza mai dimenticare che non siete soli, perché tutti viviamo e sentiamo l’ansia e la pressione opprimerci ogni giorno di più, tutti vorremmo scoppiare a piangere dopo che un docente ci ha detto che presentarci al suo appello è un insulto nei suoi confronti, e in molti abbiamo pensato di mollare.

Nel 2023 si sono suicidati tre studenti universitari, ma loro continuano a vivere in noi, in voi futuri universitari. Continuano a vivere negli studenti che scendono nelle piazze per rivendicare il proprio diritto a vivere, il proprio diritto ad avere quell’appello in più, quell’anno accademico prolungato, quel diritto a vedere riconosciuta la propria salute mentale. Vivono in tutti quelli che hanno quel peso che diventa più pesante giorno dopo giorno. Continuano a vivere, ma sono morti, sono stati uccisi dalla cultura della fretta, dalla pressione dell’essere i migliori, dalla normalizzazione di sentirsi un fallimento, da quello che viene detto merito.

Merito. Molti di voi immagino saranno ancora ai primi anni di scuola superiore, eppure sono stati costretti ad approcciarsi già con questo termine a causa del Ministro dell’Istruzione divenuto quello Dell’Istruzione e del Merito. Il termine merito deriva dal latino merere, ossia il fatto di essere degno di lode; al contrario, chi non è meritevole non ne è degno ed è, anzi, soggetto alla punizione. Ma quale dovrebbe essere il criterio per stabilire se uno studente è più meritevole di altri? Parliamo dei voti? Del comportamento in classe? Di cosa fa nel suo tempo libero? Ci sono così tante variabili nella vita di una persona che poter dire in modo oggettivo chi è meritevole e chi no è pressoché impossibile.

Soprattutto, siamo sicuri che questa concezione di merito con cui gli studenti si devono approcciare non contribuisca semplicemente a far accrescere in noi un senso di inadeguatezza, di ansia e di fretta perenne? Stiamo vivendo in un epoca in cui finalmente si riconoscono i colori e le sfumature di ogni singolo individuo, non è possibile che il Ministero dell’Istruzione lanci il messaggio che gli studenti debbano meritarsi qualcosa per essere validi.

Finita la scuola superiore, poi vi affaccerete al mondo dell’Università, a quel mondo che forse in tanti abbiamo sognato ad occhi aperti, ma che, alla fine dei conti, non è poi così diverso. È un mondo che corre, un mondo che vi lascia indietro se non state al ritmo da lui stabilito. Ma voi, a questo punto, cominciate a crearne uno tutto vostro, cominciate a creare il vostro sentiero per riuscire ad arrivare all’obiettivo finale nel modo che voi preferite.

Scegliete di studiare per voi stessi, per la vostra cultura, per il vostro futuro. Scegliete di vivere, e non lasciate che nessuno vi dica come dovete sentirvi. Chi dovete essere. Cosa dovete studiare. Perché dovete studiare. Cosa fare del vostro futuro. Siate voi gli autori della vostra vita, anche sbagliando. Ma non dimenticate mai che l’errore, la bocciatura, il voto, non siete voi.

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