“I giovani non vogliono lavorare” è direttamente proporzionale ai ristoratori che non vogliono pagare

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Ogni tot mesi, puntualmente con l’arrivo dell’estate, esce di nuovo la polemica sui giovani che non vogliono lavorare, che si prendono il reddito di cittadinanza e stanno a casa a poltrire oppure che si fanno i weekend con gli amici. Ma non è tutto oro ciò che luccica, e dietro questa polemica, come al solito, ci sono tante cose non dette. In primis, il voler pagare i giovani lavoratori con un’esperienza da aggiungere al curriculum, in secundis, il voler sottopagare, al limite dello sfruttamento, le persone. E sentire che alcuni che ce l’hanno fatta e che potrebbero denunciare le ingiustizie, andare comunque contro le nuove generazioni, fa un po’ pena.

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«Oggi i ragazzi preferiscono tenersi stretto il weekend con gli amici. E quando decidono di provarci, lo fanno con l’arroganza di chi sente arrivato e la pretesa di ricevere compensi importanti da subito. Sarò impopolare, ma non ho alcun problema nel dire che lavorare per imparare non significa per forza pagati», ha detto Alessandro Borghese, figlio di un’attrice e di un imprenditore, che ha studiato all’American Overseas School of Rome (che non vi sto neanche a dire quanto costa). Perché diciamo le origini di Borghese? Semplicemente per sottolineare come, in una famiglia ricca, puoi permetterti di lavorare senza pretendere uno stipendio.

C’è un ma, però. Un ma che vedremo in seguito, perché prima voglia raggruppare le testimonianze dei tanti ristoratori realizzati (e non solo) che hanno voluto esprimere la propria opinione sulle nuove generazioni cattive e scansafatiche. «Quello che dice lo chef Alessandro Borghese è la verità: molti ragazzi cercano lavoro sperando quasi di non trovarlo. Io lo vedo chiaramente: preferiscono il reddito di cittadinanza a un percorso di carriera. Anche quando il percorso glielo si offre, ben retribuito: pur garantendo stipendi adeguati e contratti a lungo termine, rifiutano», ha detto l’imprenditore Flavio Briatore.

«È un po’ cambiata la modalità di come ci si approccia al lavoro. Ritengo di appartenere a una delle ultime generazioni che si è salvata da questa cosa (sono del 1987). Avevamo un po’ più di serietà e dedizione a questo lavoro. Se a 19-20 anni uno riesce ad entrare in un bel ristorante, come abbiamo fatto tutti, ci entra contento e poi dopo vede il primo stipendio. Non si può al colloquio domandare ‘quanto mi dà?’ e ‘quante ore devo fare?’. Il fatto che non ci sia gente che vuole fare questo lavoro è vero. E soprattutto non c’è gente che si voglia approcciare a questo lavoro con dedizione e passione come era quando io ho cominciato».

Enrico Marmo del ristorante Balzi Rossi a Ventimiglia

Anche Fabio Sgrò, chef alla Rocca di Arignano, è d’accordo con Borghese. Leggiamo su La Repubblica: «I giovani non sono più disposti a lavorare e a sacrificarsi come un tempo. Dopo il Covid 19 mi è capitato di fare dei colloqui in cui ragazzi mi davano disponibilità per una prova in cucina e sala e poi, terminata quella, non tornavano più, molto spesso con scuse banali».

«Poi ci sono le scuole e programmi televisivi, che contribuiscono a spettacolarizzare questo mestiere, non esistono solo le cene a 4 mani, l’impiattamento e i cooking show, ma anche e soprattutto tante ore passate in cucina di duro lavoro, che probabilmente sei disposto a fare solo hai davvero questa passione. Attualmente, abbiamo 3 defezioni tra sala e cucina dove ci mancano un lavapiatti e un capopartita da ormai due mesi», ha concluso, incolpando quindi anche i programmi di cucina.

La verità dietro i “giovani che non vogliono lavorare”

Ebbene, di opinioni riguardo ai giovani che non vogliono lavorare, ne abbiamo lette un po’. C’è chi da la colpa al reddito di cittadinanza, chi alla generazione scansafatiche, chi alla pandemia che ha eliminato i rapporti umani. C’è persino chi ha il coraggio di lamentarsi che un giovane, prima di iniziare un lavoro, chieda lo stipendio. Non è lecito sapere se si può contare su quel lavoro per vivere? Perché mentre per qualcuno il lavoro è un’esperienza, per altri (giovani come anche adulti) serve per vivere, per mandare avanti una famiglia, come anche per pagarsi gli studi. Solo i privilegiati vedono il lavoro solo come un’esperienza.

Certo, fa curriculum. Ma prima di preoccuparti del curriculum devi avere la certezza di riuscire ad arrivare a fine mese, e non tutti hanno un genitore attore e uno imprenditore a coprirti le spalle qualsiasi cosa accada. Riguardo le parole di Briatore che offre uno stipendio elevato e paga anche gli stagisti, c’è da sottolineare una cosa più che fondamentale che evidentemente all’imprenditore è passato di mente.

Nonostante ci siano quei pochi ristoratori onesti che pagano per bene, ci sono quelli che invece pretendono anche che li ringrazi. E non solo ristoratori, siamo chiari. Parliamo anche di commessi in alimentari o in negozi di vestiti. Non tutti hanno la fortuna di trovare un lavoro decente pagato «da 1800-2000 euro netti al mese» in cui «anche lo stagista è pagato». Se Flavio Briatore è convinto di ciò, forse vive nel mondo dei sogni, in un mondo utopico. Perché c’è chi offre €600 al mese senza neanche giorno libero.

Adesso farò un esempio, che non concerne solo il campo della ristorazione, ma che si amplia in diversi settori. Conosco una persona che cerca lavoro, non farò nome e cognome né suo né del negozio per cui ha fatto delle giornate di prova. Le giornate di prova, ovviamente, vanno pagate. Il lavoratore di qualsiasi settore nel periodo di prova ha diritto a ricevere la retribuzione prevista, altrimenti si chiama sfruttamento. Secondo voi la mia conoscente è stata pagata? No, ovviamente. Cercando lavoro altrove, alcuni stipendi come commessa non superavano i €600 mensili, senza giorno di ferie. E poi sarebbero i giovani a non voler lavorare?

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Fonte foto: Fanpage

Per non parlare di quei datori di lavoro che, con i vari bonus che ci sono stati nel periodo del Covid-19 per aiutare i lavoratori, hanno deciso di chiedere indietro la cifra esatta del bonus ricevuto. Mi spiego meglio con dati totalmente casuali: se un lavoratore x riceve €1000 al mese, il bonus è di €300, il datore di lavoro nel momento del pagamento si tiene €300 dandone solo €700. In altre parole, lo Stato ha pagato i datori di lavoro. Ah, Italia Italia.

Ma anche spostandoci nel settore della scrittura. A volte mi è capitato di leggere degli annunci, non solo su Facebook ma anche sui famosi siti dove si cerca lavoro o personale. Quando viene descritto il lavoro e le mansioni, poi leggi “non è remunerato ma si offre formazione/possibilità di iscriversi all’albo dei giornalisti”. Seriamente? E il fatto è che in ogni settore ci sono persone che sfruttano questo: c’è chi accetta persone alle prime armi giusto per formarli e pagarli con la formazione, anche perché poi c’è chi accetta solo persone con esperienza.

Sembra quasi un ricatto. Sei uno dei tanti giovani in cerca di lavoro, quindi prima lavori gratis per fare esperienza, e poi puoi lavorare in un locale un po’ più remunerato. Ma chi non può permettersi di lavorare gratis? Chi non ha i genitori che possono dare un grande sostegno? Chi non ha la possibilità di spostarsi al nord? Perché, purtroppo dobbiamo anche dire questo, gli stipendi al nord Italia sono superiori a quelli del sud Italia, ma insieme agli stipendio sono più costosi anche gli affitti. Un buco di monolocale a Milano costa più di un monolocale in centro a Bari.

Il senso è: sì, vanno fatti dei sacrifici. Può essere che i giovani davvero debbano poter accettare lo sfruttamento per poter diventare indipendenti (sebbene in un paese civile questa non dovrebbe essere neanche un’opzione). Ma i grandi ristoratori che giudicano la nostra generazione come giovani nullafacenti perché abbiamo il reddito di cittadinanza, dovrebbero anche ricordare che non tutti hanno la possibilità di farsi sfruttare. C’è chi ha bisogno dei soldi per vivere, che non ha nessuno su cui contare se non se stesso. Il problema non sono i giovani lavoratori, ma chi li vuole sfruttare.

Grafico di Today.it

Abbiamo già visto in un altro articolo (Stipendi europei: quali sono i paesi con gli stipendi più alti) come l’Italia sia letteralmente l’unico paese europeo ad aver visto gli stipendi calare del 2,9%. Perché i giovani vogliono andare all’estero? Perché non vogliono restare in Italia? Perché, semplicemente, gli italiani sono furbi, o meglio, pensano solo al proprio portafoglio. Quando l’Italia comincerà a investire sul futuro dei giovani, pagandoli per quanto valgono, allora forse torneranno a esserci i giovani che vogliono lavorare.

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