Giornata mondiale contro la pena di morte: dove è ancora legale

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Siamo nel 2020 e pensare che la pena di morte sia ancora legare in diversi stati fa accapponare la pelle. L’Italia, fortunatamente, non è fra questi, ma ciò non significa che non dobbiamo lottare per dare giustizia a chi si trova ancora nell’Antica Roma. Tra i crimini per la pena c’è lo stupro, l’omicidio e, in alcuni luoghi, l’omosessualità.

La giornata mondiale contro la pena di morte è stata introdotta in Europa in 26 settembre 2007 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, in modo da celebrare il processo che ha reso l’Europa uno spazio in cui anche i carcerati sono considerati come esseri umani, sebbene i loro evidenti errori.

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Fonte: Milton Keynes Citizien

Il messaggio del Consiglio d’Europa

Sebbene, secondo i dati della World coalition against the death penalty, ovvero la coalizione contro la pena di morte, 142 paesi abbiano abolito questa condanna e nel 2019 i dati si sono abbassati rispetto agli ultimi 10 anni, ancora 20 paesi hanno deciso di ricorrere a questa pena. Anche in Europa, vi è uno stato che ancora la prevede: la Bielorussia.

Riguardo quest’ultimo il Consiglio invita ad abolirla poiché «crudele e inumana». Scrivono allo stato europeo:

«Il Consiglio d’Europa e l’UE esortano ancora una volta la Bielorussia, unico paese europeo che ancora esegue condanne a morte, ad abolire la pena capitale e a unirsi alla grande maggioranza di nazioni che hanno abbandonato definitivamente questa pratica crudele e inumana. Invitiamo inoltre gli Stati osservatori del Consiglio d’Europa che non hanno ancora abolito la pena di morte a promuovere un dibattito aperto sugli ostacoli che bloccano il loro cammino verso l’abolizione».

«La pena di morte non dissuade dal commettere reati violenti né contribuisce a creare una società più sicura, ma perpetua un ciclo di violenza senza senso», affermano, cercando di far comprendere a chi la ritiene ancora una pena adeguata, che non ha alcun fine e non solo, perché spesso ci vanno di mezzo degli innocenti.

Nel messaggio che pubblicano per questa importante giornata mondiale, infatti, scrivono, ricordando il caso di John Nthara e Jamu Banda, innocenti condannati a morte poiché non avevano avuto un avvocato a difenderli ma che poi, grazie alla Resentencing in Malawi sono riusciti a ottenerlo, che

«La violazione di questo diritto fondamentale colpisce in modo sproporzionato le persone più vulnerabili della società, che non hanno i mezzi per permettersi avvocati esperti o che possono non avere familiarità con il sistema giuridico. È essenziale che i sistemi giudiziari forniscano le risorse per preparare una difesa effettiva, compresi, se necessario, efficaci servizi di traduzione e interpretazione.»

Dove la pena di morte è ancora legale

Oltre alla già citata Bielorussia, la pena di morte è ancora legale in Cina, stato con più esecuzioni e che non sono neanche contate dall’Amnesty Internation poiché lo stesso paese si è rifiutato di diffondere i propri dati. I reati per cui si ricorre a questa pena sono omicidio, alcuni reati finanziari (evasione fiscale, frode, speculazione,…), reati contro lo Stato (spionaggio, defezione al nemico, rivolta contro lo Stato,…) o contro la proprietà (rapina, furto con scasso,…).

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Fonte: Global Press Journal

Dopo la Cina, vi è l’Iran, dove vi è sia questa pena che quella corporale, ispirata alla shari’a. I metodi di esecuzione sono l’impiccagione, ma anche, sebbene più rare, fucilazione e decapitazione, a volte persino in modo pubblico. Ci sono anche altri tipi che non vengono più utilizzati. I reati sono omicidio volontario, terrorismo, strage, offese all’Islam.

Sebbene sia una democrazia liberale, tra questi stati vi è anche il Giappone, che non comunica neanche ai carcerati la loro data di morte se non un’ora prima. Insieme al Giappone anche l’India e l’Iran e, infine gli Stati Uniti d’America, unico paese occidentale dove è prevista questa pena, applicata in 29 stati su 50, mentre in alcuni è stata abolita o sospesa.

Lo stato degli USA con più esecuzioni è il Texas e, tra i metodi di uccisione ci sono stati la sedia elettrica, l’impiccagione, la camera a gas ma, oggi, solo l’iniezione letale è consentita e, in alcuni casi solo se lo richiede il colpevole, anche la fucilazione e la sedia elettrice.

Dove gli omosessuali sono in pericolo

Mentre in Italia facciamo passi avanti con i farmaci gratuiti alle persone trans, in ben settanta Paesi far parte della comunità LGBT+ viene visto come un vero e proprio crimine, come un assassino o come un ladro. Pensate alle Maldive, un luogo popolare per il turismo, ma che incarcera per otto anni gli omosessuali, mentre Singapore punisce solo gli uomini gay e non le donne, con due anni di carcere.

Tra gli altri Paesi abbiamo l’Africa, quello più omofobo, ma anche ben sette Paesi che condannano a morte la comunità LGBT+. Tra questi:

  • Afghanistan;
  • Iran;
  • Pakistan;
  • Qatar;
  • Arabia Saudita;
  • Emirati arabi;
  • Yemen.
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Fonte: portlandmercury

L’Iran invece è riuscito a umanizzarsi e a ritenere anche gli omosessuali come persone, insieme al Botswana, l’Angola e Taiwan (primo stato in tutta l’Asia a legalizzare i matrimoni omosessuali). E non dimentichiamo la Russia e la Polonia. In Russia è sì legale essere omosessuali, ma non esiste alcuna legge che tuteli la comunità e quindi, spesso, la discriminazione e l’odio porta all’omicidio.

Stessa cosa in Polonia, che per essere uno stato civile, è troppo conservatore e i vescovi, proprio recentemente, hanno cercato di guarire gli omosessuali. Lo stesso Presidente Duda, rieletto quest’anno, è convinto la comunità LGBT+ non sia composta da persone con i suoi stessi diritti ma che, addirittura, sia solo un’ideologia. Per cui, sebbene in questi ultimi due paesi non ci sia (fortunatamente!) la pena di morte, gli omosessuali non se la passano comunque bene.

È quindi importante ricordare che siamo tutti uguali e che, anche se hanno compiuto dei grandi errori, anche i carcerati hanno il diritto di poter vivere, magari tutta la vita in una cella, ma pur sempre vivendo.

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