Dalla mitologia a Freud: Edipo, Elettra e la Teogonia

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La psicoanalisi freudiana si è avvalsa della mitologia per indagare la psiche umana, permettendo ad essa di ricoprire un ruolo piuttosto importante all’interno delle sue teorie. Vi sono, infatti, non pochi ed espliciti riferimenti al mito e alla storia delle civiltà antiche.

Ma questo non deve sembrare poi così strano: le divinità e le vicende che le hanno viste partecipi sono state tramandate sino ai giorni nostri, dove queste sono passate dall’essere venerate all’essere temute come sinistre presenze, dall’essere messe in dubbio al diventare icone allegoriche e un ottimo modello per gli artisti.

Le tragedie non fanno eccezione, ed è proprio da queste che Sigmund Freud riprese due delle figure più “famose” del suo pensiero: Edipo ed Elettra. Per comprendere davvero ciò che lega le sventure di questi personaggi serve però indagare in modo più approfondito la loro origine mitologica.

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Fonte: Wikipedia

La sessualità del bambino

Freud nella sua opera Tre saggi sulla teoria sessuale, discute il tema della sessualità, definendo il bambino come perverso (in quanto racchiuderebbe in sé tutte le perversioni, data la ricerca il piacere, ma non la riproduzione) e polimorfo (perché ricerca il piacere tramite le diverse zone erogene e il contatto con la madre e il padre).

La crescita del bambino può essere scandita da cinque diversi stadi:

  • Il primo stadio (1° anno di età del bambino) coincide con la fase orale, dove la zona erogena corrisponde alla bocca e dove il bambino ricerca il piacere specialmente attraverso l’allattamento. Il piacere viene provocato però anche dalla semplice suzione di oggetti, come il pollice.
  • Il secondo stadio (2 anni di età) coincide con la fase anale, dove la zona erogena è quella anale, e il piacere si ricava attraverso il controllo degli sfinteri.
  • Il terzo stadio coincide con la fase fallica (3-4 anni di età), dove la concentrazione delle pulsioni libidiche avviene sugli organi genitali. Per quanto riguarda il bambino quindi, la zona erogena è costituita dal pene; per quanto riguarda la bambina, la zona erogena è costituita dal clitoride, ma l’assenza del pene porta a quello che Freud ha identificato come “invidia del pene” (che dura per tutta la vita simbolicamente).
  • Il quarto stadio coincide con il periodo di latenza (5-11 anni di età) ed è caratterizzato dal fatto che la libido – definita come l’energia psichica sessuale – è dormiente, quindi le pulsioni sessuali vengono sublimate verso scopi socialmente accettabili e attività adattive.
  • Il quinto stadio coincide con la fase genitale (e quindi con la pubertà), dove lo stato di auto-erotismo lascia il posto a quello di amore oggettuale: le pulsioni sessuali sono nuovamente investite di libido.

La mitologia sotto gli occhi di Freud: il complesso edipico

L’angoscia di castrazione viene sperimentata dal bambino durante la fase fallica ed è strettamente connessa alla situazione edipica, poiché i bambini, in questa particolare fase, desiderano l’amore del genitore di sesso opposto (alla nascita, secondo Freud, tutti i bambini sono innamorati della madre) e provano un misto di amore-odio-rivalità per il genitore dello stesso sesso. In altre parole, il bambino a questa età, provando amore e desiderio nei confronti della madre, vive la relazione con il padre con un forte senso di rivalità, proprio perché prova gelosia nei confronti del suo oggetto d’amore. Per la bambina, la situazione è inversa e viene identificata con il mito di Elettra.

A 3-4 anni, il bambino inizia anche a rendersi conto delle differenze anatomiche tra l’uomo e la donna, ma il fatto che la donna è priva di pene, non è concepito come una diversità anatomica costituzionale, bensì come una castrazione punitiva da parte di un genitore. Il bambino crede che il padre possa punirlo per mezzo della castrazione a causa delle sue fantasie sessuali e dei suoi desideri incestuosi nei confronti della madre.

È il concetto di “padre eviratore”, che suscita nel bambino angoscia e senso di colpa nei confronti di quest’ultimo, e questo conduce il bambino a rinunciare al suo oggetto d’amore per identificarsi con il genitore del suo stesso sesso, introiettando i suoi valori e i suoi atteggiamenti. Infatti il periodo di latenza è anche caratterizzato dalla rimozione del complesso di Edipo.

La Teogonia di Esiodo (poeta greco del VII secolo), che vuole narrare l’origine degli dei, avrebbe risvegliato l’interesse di Freud proprio per l’esempio di complesso edipico che può offrire: in questo caso si vede però Crono, figlio di Gaia e Urano, evirare il padre, colpevole di gelosia verso la capacità di Gaia di poter procreare senza necessità di seminazione, ma soprattutto di aver voluto evitare la nascita dei suoi stessi figli, Crono compreso. Situazione analoga è quella che si ripeterà con Zeus, figlio di Rea e Crono medesimo.

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Giambattista Tiepolo, Saturno divora suo figlio – Fonte: Se guardo nel caleidoscopio

Ma è con la pubertà che l’oggetto d’amore incestuoso si ripresenta: l’individuo, però, sarà capace di spostare il suo interesse verso altri oggetti esterni al nucleo familiare, maturando così la rinuncia ai genitori come oggetti sessuali infantili. È in questa fase che l’identità sessuale viene definitivamente formata.

Ovviamente il pensiero freudiano riflette l’opinione dell’epoca. Nel pensiero di Freud non si concepiscono figure genitoriali al di fuori di “padre” o “madre” e l’omosessualità è qualcosa che verrebbe “risolta” con il superamento del complesso edipico. Per non parlare dello spettro di genere, che andrebbe a ravvivare ulteriormente il dubbio che circonda questa teoria.

Il complesso di Elettra, invece, riguarda la gelosia che una bambina inconsciamente nutre per la madre, dovuta all’amore nei confronti del padre. La differenza cruciale tra il complesso di Edipo e quello di Elettra sta nel ruolo che l’organo sessuale maschile avrebbe all’interno delle due situazioni, sviluppandosi nell’angoscia di castrazione nel bambino e nell’invidia del pene nelle bambine.

Il mito di Edipo

Laio era il re della città di Tebe e Giocasta la sua sposa. Prima di generare Edipo, i due avevano ricevuto una profezia dall’oracolo di Delfi, la quale rivelò loro che questo bambino un giorno avrebbe ucciso Laio, suo padre, e sposato Giocasta, sua madre. Così, di fronte ad un destino così ripugnante, i due decisero di abbandonare il neonato sul Monte Citerone, trafiggendogli i piedi (il nome di Edipo vuole significare infatti “dai piedi gonfi”), in modo da evitare che si possa compiere la tragica la profezia.

Il bambino venne però salvato da un pastore, che lo affidò ai sovrani di Corinto, Polibo e Merope: da quel momento Edipo vivrà nella convinzione che i suoi genitori naturali siano i regnanti della città di Corinto.

Questo fino a quando, in occasione di un banchetto, riceve un insulto singolare da uno dei suoi coetanei. Quando Edipo ode l’epiteto di “bastardo” inizia a dubitare delle sue origini. A questo punto è la curiosità a prendere il sopravvento, portando Edipo stesso a presentarsi dall’oracolo di Delfi, ricevendo la stessa profezia conosciuta da Laio e Giocasta.

Edipo fraintende: convinto che il suo destino sia quello di uccidere Polibo e sposare Merope, abbandona Corinto. Ad un trivio di strade, per un banale screzio, uccide Laio e parte della sua scorta, ignaro della sua identità, e così Edipo prosegue il suo viaggio, incontrando la Sfinge che minacciava la città di Tebe. Risolto l’indovinello da questa proposto e salvata la città, ne diventa re. Edipo sposa Giocasta rimasta ormai vedova, e così la profezia si è compiuta.

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Francois-Xavier Fabre, Edipo e la Sfinge – Fonte: WahooArt

Quando Tebe mostrerà segni di pestilenza, Edipo inizierà ad interrogarsi sugli espedienti che avrebbero potuto causare una tale catastrofe. Sarà l’indovino Tiresia a renderlo partecipe della verità, ma non verrà creduto.

Tiresia rivela ad Edipo di essere stato l’omicida di Laio, suo padre, e di aver sposato Giocasta, sua madre, diventata – in alcune versioni del mito – madre anche dei suoi stessi figli, e quindi fratelli. Una volta sciolti i fili della storia, Giocasta opterà per il suo suicidio, mentre Edipo deciderà di accecarsi. I suoi figli (e fratelli) non avranno destino migliore.

Ma quindi, in realtà, Edipo non è soggetto al complesso edipico, in quanto non prova ostilità per il padre Laio e nemmeno attrazione per la madre Giocasta.

Il mito di Elettra

Elettra e Oreste sono i figli di Clitemnestra e Agamennone (, il vecchio, brutto, e cattivo che ha guidato gli Achei nella guerra di Troia) e l’origine delle vicende di Elettra è da rintracciare proprio nel rapporto coniugale che lega i sovrani di Micene.

Clitemnestra ha giusto un paio di motivi per non sopportare l’uomo al suo fianco: il primo riguarda il sacrificio di Ifigenia, loro figlia primogenita, uccisa dal suo stesso padre in qualità di vittima propiziatoria all’alba della partenza verso la città di Troia; il secondo il puro sentimento di rabbia – e gelosia – che colpisce Clitemnestra alla vista della nuova concubina del marito, Cassandra. Il tutto, ovviamente, fomentato dalla dedizione verso il suo di amante, Egisto. Sarà infatti Clitemnestra ad uccidere Agamennone, consegnando la corona nelle mani di Egisto.

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Frederic Leighton, Elettra alla tomba di Agamennone – Fonte: Fondazione Lorenzo Valla

A questo proposito, Elettra verrà data in sposa ad un contadino da Egisto, per evitare che possa generare un figlio in grado di spodestarlo. Privata del padre e del proprio status sociale, Elettra si ritrova a vivere in condizioni umili in campagna, fino al ritorno di Oreste, il quale era stato esiliato sempre dallo stesso Egisto. I due fratelli ordiscono quindi un piano di vendetta contro Clitemnestra: Oreste colse di sorpresa Egisto, intento a celebrare un sacrificio, e lo uccide; Elettra, invece, attirò con la falsa notizia di maternità sua madre Clitemnestra, istigando così Oreste a macchiarsi anche di matricidio. Elettra riuscirà a recuperare il suo status sociale, sposando Pilade, suo cugino e re dei Mini.

Ma neanche Elettra si rivela, quindi, innamorata del padre Agamennone.

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