Situazione femminicidi in Italia: non c’è ancora da gioire

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E come ogni anno, eccoci per parlare della Giornata contro la violenza sulle donne: in particolare, vorrei fare una sorta di riassunto di quel che è successo quest’anno, poiché vedo alcune testate sottolineare come i femminicidi siano in calo. In calo, però, non significa che ce ne son stati pochi. In più, vorrei sottolineare come la violenza non sia solo femminicidio: revenge porn, violenza fisica e psicologica, maltrattamenti, non si può ridurre tutto al femminicidio.

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A me viene in mente la storia di Alessandra Matteuzzi, una donna che aveva denunciato il suo assassino, e che poi è stata anche umiliata online dopo la sua morte. Ma penso anche alla giovane Saman Abbas, che sarà stata uccisa lo scorso anno, ma i cui resti son stati trovati solo qualche giorno fa. E ancora penso all’ultima lettera di Lilia Patranjel, vittima di femminicidio, uccisa dal compagno che aveva denunciato ma contro cui poi aveva ritirato la querela. E penso anche a Renata Alexandra Trandafir e Gabriela Trandafir, figlia e madre, 22 e 47 anni, uccise dal marito di lei.

Ogni anno quest’anno siamo quasi costrette a leggere quelle numerosissime frasi sui social: “le donne non si toccano neanche con un petalo di rosa“, “prima di picchiare una donna, pensate che è una figlia, una sorella e una madre“, come se non fossimo in primis delle persone, per non parlare di quelli che invece piagnucolano perché “non esiste una giornata contro la violenza sugli uomini”, come se il problema della violenza sugli uomini fosse alla pari di quella sulle donne, e occhio che non è una gara a chi soffre di più, ma al momento una delle due violenze è sistematica, l’altra invece no.

Tutti gli altri giorni dell’anno, invece, quello che leggiamo sono articoli con scritto: “lo aveva denunciato“, “donna uccisa“, “donna picchiata“, “donna assalita“, “donna perseguitata“, “foto private inviate nella chat del calcetto“, ma non solo! Perché poi negli articoli si sottolinea anche come lui l’amasse troppo, o fosse geloso, o in altri ancora viene descritto come “una bestia”, “un mostro”, e in qualche modo questo porta a pensare: non era un uomo. E invece quell’assassino, quel carnefice, era proprio un uomo, un essere umano come chiunque altro.

I femminicidi continuano a essere un problema

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Cosa si fa per ridurre i femminicidi? Scarpe rosse, panchine rosse, qualche convegno forse, ma perché non proviamo a educare i figli sin da quando sono adolescenti? Entriamo nelle scuole e insegniamo loro che la violenza non è normalità. E soprattutto diamo fondi alle strutture anti violenza che devono poter ospitare le donne che fuggono da una famiglia violenta. Cerchiamo di normalizzare come l’amore non sia violento e che basta uno schiaffo per far alzare la red flag. Allo stesso modo, normalizziamo come la gelosia non deve arrivare al punto di non farti uscir di casa, o di non farti vestire come preferisci.

È tanto facile piangere una vittima quando ormai è troppo tardi, ma come si fa a guardarsi allo specchio dopo che è stata sottovalutata una violenza, persino dopo una denuncia? Tra l’agosto 2021 e il 31 luglio 2022, ci sono stati 125 femminicidi in Italia, come emerge dal Dossier Viminale pubblicato per Ferragosto dal Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Dal 1°gennaio al 20 novembre 2022 sono stati registrati 273 omicidi, con 104 vittime donne, di cui 88 uccise in ambito familiare o affettivo, di queste 52 sono state uccise da partner o da ex compagni.

Il ministro degli Interni Matteo Pianteosi ha detto in occasione del convegno in Campidoglio che «ci sono già stati importanti risultati segnati, penso alla legge 69/19 che introdusse nuovi reati e nuove aggravanti. Ma il quadro normativo può essere ancora migliorato. Farò ogni ragionamento futuro. Penso ad esempio al rafforzamento delle misure volte a prevenire i crimini contro il genere femminile. La grande sfida poi è quella di proteggere le vittime nel percorso di denuncia, di sostegno psicologico e del supporto anche economico. Sottolineo l’importanza degli indennizzi».

Anche per il capo della polizia Lamberto Gianni è stata fatta già molta strada, in quanto «ci sono norme sempre più efficaci, misure di prevenzione ma è importante continuare a studiare e a parlare di questo fenomeno», eppure quando ne parliamo (una volta all’anno!), qualcuno piagnucola. Aggiunge che è importante «essere accoglienti» con le vittime e fornire «ogni tipo di supporto affinché abbiano la forza di denunciare: non c’è nulla di cui vergognarsi, quando si subisce violenza si è vittima». Eppure non sempre denunciare è abbastanza, non sempre la denuncia protegge. È necessario che le vittime vengano protette, anche in sedi apposite, che non in tutte le regioni esistono o sono abbastanza.

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Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni afferma invece in un videomessaggio all’evento “Non più sole – La drammatica attualità della violenza contro le donne” alla Camera che «questo Governo è e sarà sempre in prima linea per combattere la violenza sulle donne e la terribile piaga del femminicidio. C’è molto lavoro da fare e intendiamo portarlo avanti a 360 gradi, incentrando il nostro impegno su tre pilastri d’azione: prevenzione, protezione, certezza della pena». Assicura poi che rifinanzierà «i centri antiviolenza e le case rifugio», e noi ce lo auguriamo davvero!

«Lavoreremo per garantire la certezza della pena, per potenziare le misure di protezione delle vittime e rafforzare il ricorso allo strumento dei braccialetti elettronici, che spesso non vengono applicati perché semplicemente non ce ne sono. Investiremo sulla formazione degli operatori – forze dell’ordine, magistrati, avvocati, medici, assistenti sociali, docenti e personale sanitario – e sulla cooperazione tra le diverse figure professionali per trovare le soluzioni più adeguate al singolo caso concreto e gli interventi più efficaci per proteggere gli eventuali minori coinvolti.

Ci impegneremo in apposite campagne di sensibilizzazione e informazione per far conoscere alle donne gli strumenti di assistenza ai quali possono rivolgersi: dai centri antiviolenza e dalle case rifugio al numero verde 1522. Così come intendiamo rafforzare il Piano anti-tratta per un’azione più incisiva a difesa e protezione delle vittime».

Giorgia Meloni

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