Durigon si è dimesso: concluso il caso Latina

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Finalmente possiamo dare una buona notizia: il sottosegretario Claudio Durigon, leghista che aveva proposto di revocare il nome della piazza Falcone-Borsellino di Latina per inserire nuovamente quello originale, ovvero ad Arnaldo Mussolini, fratello minore di Benito Mussolini, si è dimesso. Il caso ovviamente ha fatto tanto scalpore e infatti sono stati in tanti, dai civili ai colleghi politici, a chiedere le dimissioni del leghista. Dopo quasi tre settimane, finalmente sono arrivate e possiamo dire ufficialmente concluso questo triste capitolo del 2021. Ma non dimentichiamo comunque chi è che lo ha sostenuto fino alla fine.

«Questa è la storia di Latina, la storia che qualcuno ha voluto anche cancellare con quel cambio di nome a quel nostro parco, che deve tornare a essere quel parco Mussolini che è sempre statoEcco, noi su questo ci siamo e vogliamo andare avanti», aveva detto Claudio Durigon, sottosegretario (ormai ex) all’Economia del governo Draghi, parlando del parco di Latina che oggi è dedicato ai giudici simbolo della lotta alla mafia Falcone e Borsellino. E lo ha fatto davanti al leader della Lega, Matteo Salvini, che è stato in silenzio.

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Fonte: Twitter

Facciamo un throwback di qualche mese, a quando Matteo Salvini si presentò con la mascherina con la faccia e una citazione del giudice Borsellino. Ai tempi gli arrivarono tante critiche che lo accusavano di essere uno sciacallo, e lui non rimase in silenzio: «M5s e Pd mi criticano sempre. Se qualcuno riesce a fare polemica anche su una figura eroica come quella di Paolo Borsellino e sulla lotta alla mafia vuol dire che è fuori dalla storia». Sorge quindi spontaneo domandarsi: perché Salvini non è intervenuto dopo le parole di Durigon ma anzi ha avuto persino il coraggio di difenderlo nelle settimane successive? Difendere un fascista è più importante di difendere un giudice che è morto contro la mafia?

Ma non pensate che in questa storia sia coinvolto solo Matteo Salvini. Il suo omonimo Renzi non ha fatto meno pena. Sappiamo ormai da qualche settimana come il leader di Italia Viva stia corteggiando quello della Lega, arrivando persino a tradire gli alleati per quanto concerne il DDL Zan a cui il suo partito aveva contribuito alla stesura, ma non ci aspettavamo che arrivasse persino a difendere Durigon. E sapete perché Italia Viva ha scelto di difenderlo? Non ci credereste mai.

«Non voteremo un documento di censura che sarebbe contro il governo», ha detto il coordinatore di Italia Viva Ettore Rosato. Perché non lo farebbero? «Non farei mozioni neppure contro un grillino…». Insomma, per Matteo Renzi e per il suo partito la pace al governo è più importante di 1) sostenere un disegno di legge che vuole difendere i diritti delle persone LGBT, 2) andare contro un fascioleghista dichiarato che vuole sostituire due giudici del calibro di Falcone e Borsellino con il fratello di Mussolini. Quando la smetterà il partito di Renzi di aiutare le destre?

In ogni caso, tutto è bene quel che finisce con un fascista che si dimette dal governo (a cui non si sarebbe neanche dovuto avvicinare), e per fortuna Durigon ha scelto di dimettersi. Lo ha fatto tramite una lettera consegnata al premier Draghi e promossa dal suo partito, che intanto sta discutendo, come fa sapere il Corriere della Sera, di chi potrebbe sostituirlo nell’incarico di sottosegretario all’Economia. I nomi più citati sono Massimo Bitonci, ex sindaco di Padova e già sottosegretario all’Economia, ed Edoardo Rixi, ex sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e poi viceministro.

Durigon: la lettera di dimissioni

«Un processo di comunicazione si valuta non in base alle intenzioni di chi comunica, ma al risultato ottenuto su chi riceve il messaggio: è chiaro che, nella mia proposta toponomastica sul parco comunale di Latina, pur in assoluta buona fede, ho commesso degli errori. Di questo mi dispiaccio e, pronto a pagarne il prezzo, soprattutto mi scuso. Mi dispiace che mi sia stata attribuita un’identità “fascista”, nella quale non mi riconosco in alcun modo. Non sono, e non sono mai stato, fascista. E, più in generale, sono e sarò sempre contro ogni dittatura e ogni ideologia totalitaria, di destra o di sinistra: sono cresciuto in una famiglia che aveva come bussola i valori cristiani.

Mi dispiace soprattutto che le mie parole, peraltro lette e interpretate frettolosamente e superficialmente, abbiano potuto portare qualcuno a insinuare che per me la lotta alla mafia non sia importante. È infatti vero esattamente il contrario: la legalità, e il contrasto alle organizzazioni criminali, sono per me dei valori assoluti, nei quali credo profondamente. Per questo, anche se le mie intenzioni erano di segno opposto, mi scuso con quanti, vittime di mafia (o parenti di vittime di mafia), possono essere rimasti feriti dalle mie parole. O, per essere più precisi, da una certa interpretazione che è stata data alle mie parole.

E sottolineo che le mie scuse in questo senso, in particolare alle famiglie Falcone e Borsellino, e a quelle degli agenti di scorta caduti insieme a loro, sono sentite e profonde (come sentita e profonda è, per me, la convinzione nel valore della legalità). È per questo che mi indigna veramente il fatto che qualcuno, forzando il senso delle mie parole, mi abbia accusato di mancanza di rispetto e di ingratitudine nei confronti dei giudici Falcone e Borsellino. Che invece, per me (e per moltissimi della mia generazione), sono non solo due figure eroiche, ma anche dei modelli di etica, di civismo, di senso dello Stato.

Anche per questo, sono disgustato da alcuni media che mi hanno addirittura accostato ai clan rovistando nella spazzatura al solo scopo di infangarmi. Detto questo, colgo l’occasione per precisare una volta per tutte il senso delle mie parole. Come indica chiaramente il mio cognome, io sono figlio, e nipote, di veneti immigrati, tanto tempo fa, nel Lazio e in particolare in quel dell’attuale Latina.

Sono dunque nipote di “coloni”, italiani di tutta Italia che hanno partecipato a una grande opera, civica e civile al tempo stesso, di recupero di un territorio del nostro Paese che fu, per troppo tempo, svantaggiato e inabitabile. Mi riferisco alla bonifica dell’Agro Pontino. Stiamo parlando del recupero di un’area con una superficie di circa 75.000 ettari, che per secoli è stata flagellata dalla malaria. Il progetto di recupero e valorizzazione fu un’opera immensa: dal 1926 al 1937, per bonificare le paludi dell’Agro, furono impiegate ben 18.548.000 giornate-operaio, con il lavoro di circa cinquantamila operai, provenienti da tutto il Paese.

Estirpata la malaria e recuperato il territorio, a seguire sorsero nuove città, di cui la prima fu, nel 1932, l’attuale Latina (all’epoca chiamata Littoria). Che, anche in seguito alla seconda immigrazione (post-bellica), negli anni Settanta, che vide come protagonisti nostri concittadini provenienti soprattutto dall’Italia centrale e meridionale, divennero straordinari luoghi di incontro e di integrazione fra culture, modi di vivere, dialetti, tradizioni, molto differenti fra loro. 

Tutto ciò ha fatto, dell’Agro Pontino, un vero e proprio caso di studio demografico e sociologico nazionale. Nella mia mal formulata proposta, io avevo a cuore solo l’idea di ricordare questa storia così intensa e così particolare, e ancora oggi così sentita nella zona di cui sto parlando (anche se mi rendo conto che essa è difficile da comprendere, e soprattutto da “sentire”, per un qualsiasi cittadino italiano che non sia di quella zona).

E, soprattutto, non ho mai chiesto “l’intitolazione del parco al fratello di Mussolini”, come hanno riferito alcuni titoli di giornale, bensì semplicemente il ripristino del suo nome originario. Il nome “Arnaldo Mussolini” venne infatti scelto dai coloni e per decenni è rimasto tale, nonostante il susseguirsi dei sindaci e delle giunte. E fa parte della memoria della città. Dunque, io non ho mai inteso né accostare i nomi dei giudici Falcone e Borsellino a quello del fratello di Mussolini né – tantomeno – fare un assurdo confronto fra loro. Sostenere il contrario, come è stato fatto sulle mie parole, è una forzatura bella e buona.

Perciò, al di là dei miei errori di comunicazione (nella forma), nella sostanza sono stato strumentalmente attaccato per aver proposto di salvare la memoria storica di cui sopra. Sono stato attaccato per il fatto di voler ricordare lo sforzo e l’impegno di così tanti italiani. A prescindere dal nome specifico di Arnaldo Mussolini, perché ciò che a me sta veramente a cuore, come nipote di “coloni”, è solo di ricordare quella storia collettiva di impegno e sacrificio. La mia vera colpa è che non  mi dimentico di essere “figlio” della bonifica pontina. Tutto, in quelle terre, rimanda a una storia che invece un certo tipo di “politicamente corretto” vorrebbe rimuovere per sempre. 

Così, ho dovuto constatare sulla mia pelle, con grande amarezza, che esistono professionisti della strumentalizzazione che hanno usato le mie parole per attribuirmi a tutti i costi un’etichetta che non mi appartiene, con l’unico fine di colpire me e il partito che rappresento. Si tratta di un’operazione che, come detto, mi ferisce profondamente e che non posso più tollerare. 

Aggiungo che tutta questa polemica sta diventando l’alibi di chi, in malafede, intende coprire altri problemi: mi riferisco in particolare ai limiti del Viminale (più di 37mila sbarchi dall’inizio dell’anno contro i 17.500 del 2020 e i 4.800 del 2019, per non parlare dello scandalo del rave abusivo), o delle incredibili parole di Giuseppe Conte sul dialogo con i talebani. E i vari professionisti della strumentalizzazione sono gli stessi che ancora oggi troppo spesso tacciono quando si negano i massacri delle Foibe, o appoggiano Paesi e organizzazioni che inneggiano all’uccisione degli ebrei e alla cancellazione dello Stato di Israele.

Per tutto questo, per uscire da una polemica che sta portando a calpestare tutti i valori in cui credo, a svilire e denigrare la mia memoria affettiva, a snaturare il ricordo di ciò che fecero i miei familiari proprio secondo quello spirito di comunità di cui oggi si avverte un rinnovato bisogno, ho deciso di dimettermi dal mio incarico di governo che ho sempre svolto con massimo impegno, orgoglio e serietà. Gli Italiani da noi e dal governo si aspettano soluzioni, non polemiche.

Quindi faccio un passo a lato, per evitare che la sinistra continui a occuparsi del passato che non torna, invece di costruire il futuro che ci aspetta. Io continuo, anche senza il ruolo di sottosegretario, a lavorare per difendere Quota 100 e impedire il ritorno alla legge Fornero, e a ottenere saldo e stralcio, rottamazione e rateizzazione per i 60 milioni di cartelle esattoriali che rischiano di partire da settembre, massacrando famiglie e imprese.

Non solo. Il tempo che non passerò più al ministero lo dedicherò anche alle mie amate comunità di Latina e Roma: hanno bisogno di progetti, efficienza, sicurezza e lavoro, non di incapacità e polemiche. Da militante fra i militanti, avrò anche più tempo per raccogliere firme per i Referendum sulla Giustizia fino a settembre, così da arrivare a un milione di firme. 

Sperando di aver finalmente chiarito il mio pensiero, auguro buon lavoro a chi prenderà il mio posto. In un grande partito come la Lega siamo tutti sostituibili, tranne Matteo Salvini che ringrazio per il sostegno, la vicinanza politica, morale e umana che ha avuto nei miei confronti. Non da ultimo, ringrazio i tanti militanti, simpatizzanti o elettori che mi hanno inviato messaggi di vicinanza in questi giorni.»

Claudio Durigon

Quello che possiamo dire di Durigon è che almeno ha provato a scusarsi, al contrario di Leo Battaglia, leghista, che si è solo giustificato per aver inquinato l’ambiente calabrese. Tuttavia, nelle sue scuse non ha esitato ad attaccare altre persone come Giuseppe Conte che, in questa storia, c’entra ben poco. Allo stesso modo ha affermato che gli italiani non si aspettano delle polemiche al governo, ma i primi a cercare di far polemica per qualsiasi cosa, anche inesistente, sono i suoi colleghi, forse da sottosegretario non si è accorto di questo dettaglio ma, adesso che avrà più tempo, se ne renderà conto.

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Fonte: Twitter

Il grazie di Salvini e la difesa di Mussolini

Matteo Salvini, che per settimane ha difeso il suo sottosegretario proprio come ha fatto con l’assessore assassino, ha ringraziato Durigon «che a differenza di altri lascia la poltrona per amore dell’Italia e della Lega, e per non rallentare il lavoro del governo, messo irresponsabilmente in difficoltà per colpa di polemiche quotidiane e strumentali da parte della sinistra». Qualsiasi riferimento alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese non è puramente casuale, visto che la Lega (sempre quella che non fa polemiche) è da settimane che sta attaccando la ministra difesa dal resto del governo.

«Contiamo che questo gesto di responsabilità e generosità induca a seria riflessione altri politici, al governo e non solo, che non si stanno dimostrando all’altezza del loro ruolo», ha detto ancora il leghista, come se il gesto di Durigon fosse solo generosità e non un modo per lavare la faccia a un partito che già se la sta passando male secondo i sondaggi. Durigon, dimettendosi, non ha fatto un favore a nessuno, ha solo fatto il suo dovere. Quindi nessun grazie né nessuna generosità.

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Fonte: Twitter

Tuttavia, l’opinione che non pensavamo di dover leggere, è quella di Mussolini, ma non di Alessandra Mussolini che ormai si descrive come ragazza di sinistra, bensì di Caio Giulio Cesare Mussolini, pronipote del ‘Duce’ Benito, candidato con Fratelli d’Italia giusto come testimonianza del fatto che Giorgia Meloni non voglia i voti dei fascisti e dei nostalgici. Opinioni a parte, l’ex candidato europarlamentare era contrario alle dimissioni: «Se Durigon deve dimettersi? Ma figuriamoci, deve rimanere tranquillamente al suo posto e fare il suo lavoro».

Ma non solo. «Rimango sempre sorpreso da queste polemiche, a tanti anni dalla fine del fascismo. Ogni volta c’è sempre un’occasione per fare strumentalizzazioni e sciacallaggio. Quel parco ora è intitolato ad Arnaldo Mussolini, che è stato sempre molto attento ai temi ecologici. Andare a speculare chiedendo le dimissioni di una persona che ha semplicemente chiesto di re-intitolare quel parco per tornare al nome originale è assurdo. Abbiamo tante cose serie a cui pensare», ha detto, non rendendosi forse conto che se Arnaldo era un ecologista era anche un fascista. Il fascismo… ricordate? Quello che ha ucciso tante persone. Lo abbiamo studiato nei libri di storia. No?

Mussolini è d’accordo con Salvini, sebbene non l’abbia nominato, ma l’opinione è quella: «sono ben altre le persone che dovrebbero dimettersi, persone che hanno fatto in passato esternazioni molto più gravi. Penso ad esempio alle frasi sulle foibe di Tomaso Montanari, recentemente nominato rettore Università per stranieri di Siena: il fatto che ci sia qualcuno che neghi le foibe, beh questo sì che è degno di dimissioni».

Infine, parla di Falcone e Borsellino, a cui il parco è intitolato dal 2017: «Falcone e Borsellino sono eroi, personalità di alto spicco della storia italiana recente: questo nessuno lo mette in dubbio. Ma come al solito molte persone hanno il cattivo gusto di distruggere quello che è stato fatto in passato piuttosto che costruire. Massimo rispetto per i due giudici ma forse a loro andava intitolato un altro parco o un’altra piazza». E invece no. Il fascismo va studiato e ricordato, così come la lotta alla mafia. Il nome di un parco non significa distruggere il passato, perché il passato va studiato per far sì che non venga più ripetuto.

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