Approvato decreto che vieta le pubblicità omotransfobiche

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Dopo l’affossamento del DDL Zan, abbiamo perso la speranza nei diritti umani. Abbiamo pianto, ci siamo sentiti traditi, umiliati da ci avrebbe dovuto proteggere. Siamo scesi in piazza sperando che qualcosa potesse cambiare, ma al momento non ci sono buone notizie. O meglio, una c’è, una che non riguarda proprio il DDL Zan bensì un decreto Infrastrutture e mobalità che vieta «qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto» sia discriminatorio, facendo riferimento anche all’identità di genere. I voti favorevoli sono stati 190, 34 i contrari. I pro vita hanno già iniziato a piangere.

Dopo i 154 voti favorevoli alla tagliola sul DDL Zan, i 131 i contrari e i 2 gli astenuti, avevamo perso la speranza. Il voto è ovviamente stato segreto ma, siamo onesti, lo sappiamo chi è che lo ha affossato, perché sono coloro che hanno festeggiato e urlato come se fossero a uno stadio, perché sono le stesse persone che scrivono i post omofobici, che se avessero un figlio gay lo metterebbero in un forno (non sono parole mie, ma di Giovanni De Paoli, consigliere regionale Lega Liguria), che considerano i gay «vittime di aberrazioni della natura» (Luca Lepore e Massimiliano Bastioni, consiglieri regionali leghisti), e potrei continuare ancora.

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Una delle tante fake news sul DDL Zan

L’iter del DDL Zan è bloccato per sei mesi, adesso i senatori potranno tornare a parlare di cose importanti, come se la vita e la serenità dei cittadini italiani LGBT non fosse importante, per almeno sei mesi, e poi dovrà essere nuovamente discusso. Poi ovviamente ci vorranno altri mesi per farlo tornare nuovamente in Aula (e sappiamo quanto tempo ci abbia messo quest’anno il DDL Zan, ostaggio del leghista Ostellari). Insomma, in questi mesi continueremo a fare la conta delle vittime, ma questa volta daremo un volto ai colpevoli che non sono solo gli omofobi, ma anche quei partiti che preferiscono proteggere i voti che le persone.

Durante questi ultimi mesi di “campagna” per approvare e non approvare il DDL Zan, abbiamo sentito fake news, abbiamo sentito genitore 1 genitore 2 (potrebbe interessarvi: La verità su genitore 1 e genitore 2: ennesimo fail della destra), abbiamo sentito parlare di utero in affitto, di teoria gender (Lucia Ronzulli, di Forza Italia, ha detto che il DDL avrebbe “imposto” ai bambini quest’ideologia), qualcuno ha persino detto che «bisogna dare ai bambini il tempo necessario per essere ciò che vogliono» (Massimiliano Romeo, Lega), come se il DDL Zan spingesse i bambini a cambiare sesso.

I peggiori però sono quelli che, come Alberto Balboni di Fratello d’Italia, ritengono che «potrebbe diventare reato che un bambino abbia una madre e un padre, o che un uomo non partecipi a competizioni femminili di donne». Tuttavia, adesso siamo felici di scrivere una buona notizia per la comunità LGBT che, almeno, non dovrà più trovare quelle orribili pubblicità, ma anche semplicemente tutte quelle immagini Pro Vita il cui unico intento era quello di discriminare. Tuttavia, c’è chi ha già iniziato a piangere. Che dire, il karma gira, chi la settimana scorsa urlava in Senato, oggi si mangia le mani.

“DDL Zan mascherato”: Fratelli d’Italia e Pro Vita attaccano

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«Da oggi associazioni pro vita e pro famiglia come la nostra avranno sulla loro testa la scure della censura e del bavaglio sui temi quali il gender, l’ideologia Lgbt e l’identità di genere. La discriminazione voluta dal Ddl Zan alla fine è diventata realtà, semplicemente sotto falso nome», ha detto Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia. Quello a cui si riferisce è il decreto Infrastrutture che vieterà la presenza nelle strade o nei veicoli di un certo tipo di pubblicità che a loro piaceva tanto e che più volte è stata commentata.

La pubblicità colpevole è quella il cui «contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche». Insomma, non potranno più discriminare nascondendosi dietro la religione.

Poi, ovviamente, Antonio Brandi mette in mezzo le stesse fake news che venivano ripetute ancora e ancora ai tempi del DDL Zan: «Sarà ancora possibile affermare in una pubblicità che i bambini sono maschi è le bambine sono femmine? Che un bambino nasce da una mamma e un papà?». Sì, ovviamente. Per l’amor di Dio, ma fa finta di non comprendere o davvero è così ottuso? Forse, però, vuole semplicemente prendere in giro tutti e, diciamolo, ci riesce alla perfezione considerando quante persone gli credono.

Jacopo Coghe, vicepresidente della Onlus, invece afferma: «L’identità di genere non è entrata con il cavallo di Troia del ddl Zan e ora surrettiziamente il Governo ci riprova inserendola in questa norma sotto la foglia di fico, come al solito, delle discriminazioni». A rispondere ci pensa Raffaella Paita: «L’emendamento è il frutto di un lungo lavoro trasversale che permette di dare un valore sociale a questi temi». Riguardo al riferimento con il DDL Zan, a cui è costantemente paragonato l’emendamento, afferma:

«In quel caso l’identità di genere era declinata in varie forme al contrario di quanto accade nel nostro emendamento. Aver proposto e fatto approvare la modifica però è la dimostrazione che la forza politica che esprimo cerca di dare una mano sul tema dei diritti civili e che le battaglie in solitudine frenano il progresso. Bisogna lavorare con una logica di tessitura per aiutare chi subisce discriminazioni»

Anche Fratelli d’Italia, ovviamente, ha detto la sua a riguardo: «Il governo e la maggioranza, stanno reintroducendo furbescamente nel decreto Infrastrutture, sul quale l’esecutivo ha posto la fiducia, alcuni elementi della legge Zan contro l’omofobia, bocciata la scorsa settimana dall’aula di palazzo Madama». Lucio Malan chiede come sia possibile che «in un decreto riguardante gli investimenti e la sicurezza delle Infrastrutture, trasporti e circolazione stradale, sia stata inserita una norma ideologica, volta a limitare la libertà di espressione, con il pretesto che l’esercizio di questa libertà non può avvenire sulle strade e sui veicoli? Una cosa assolutamente inaccettabile, introdotta di soppiatto». Ah, quant’è bello essere privilegiati.

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Fa comunque ridere, davvero, il discorso di Lucio Malan. Voglio che leggiate in particolare queste parti, perché dimostra ancora una volta come la destra faccia davvero finta di non comprendere, perché io mi rifiuto di accettare che pensino davvero certe cose: «Un cartellone pubblicitario con la foto di una bella donna sarà considerato ‘sessista’? Una donna che stira o un uomo che nella pubblicità di un film salva una fanciulla saranno considerati ‘stereotipi di genere’? Un adesivo su un’auto con scritto che Gesù è figlio di Dio o che Cristo è Re sarà considerato lesivo dei non cristiani? Una pubblicità che raffiguri solo coppie uomo/donna sarà lesiva delle persone Lgbt?».

E ancora: «Non sono domande oziose, sono casi che già si sono verificate all’estero, ad esempio nel Regno Unito, dove questa ideologia è già entrata nelle leggi. Basti ricordare che, anche senza questa norma, sindaci di sinistra hanno vietato cartelloni e autocarri ‘vela’ che dicevano semplicemente ‘i bambini sono maschi, le bambine sono femmine’. Gli adepti del ‘gender’ dovrebbero avere il coraggio di portare avanti le loro istanze in maniera aperta, non in un articolo e un decreto-legge che parla di tutt’altro». Avrebbero dovuto portarle avanti con un DDL Zan, che però è stato affossato.

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