Provita Onlus contro le carriere alias

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Fa ridere, ma fa anche riflettere. Jacopo Coghe di Provita Onlus, ovviamente lodato dall’ex senatore leghista Simone Pillon, ha deciso di iniziare una vera e propria campagna contro la carriera alias, in quanto le persone che dicono di essere contro il “pensiero unico” (= chiedere che esista una legge per evitare che si utilizzi il diritto di avere un’opinione per essere omofobi o semplicemente che dia un’aggravante omofoba sempre se si picchia una persona per il proprio orientamento sessuale), sono le stesse che però vogliono il proprio pensiero unico, che però è quello che priva di diritti delle persone in carne e ossa.

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Quest’anno si parla molto spesso di carriera alias, e spesso se ne parla perché una scuola ha deciso di abbracciarla, o perché dei docenti si rifiutano di applicarla, discriminando, di fatto, degli studenti. Prendiamo ad esempio il caso del docente che ha violentemente misgenderato un suo allievo al liceo scientifico Cavour di Roma, in zona Colosseo, rifiutandosi di accettare la verifica di uno studente transgender in quanto, il regola con il regolamento della carriera alias, aveva firmato non con il proprio deadname bensì con il nome d’elezione.

La carriera alias, per chi non lo sapesse, è una procedura che consente agli studenti trans di poter cambiare nome e genere a scuola ancor prima dei 18 anni e di un eventuale compimento del percorso giuridico relativo al cambiamento ufficiale di sesso. Diverse università e scuole d’Italia hanno già attivato questo percorso e anche Rete Lenford ha proposto le proprie linee guida invitando i presidi delle scuole ad adottarlo. Questo chiaramente ha scatenato l’omotransfobia di molti esponenti della destra, prendiamo ad esempio Elena Donazzan, esponente di Fratelli d’Italia conosciuta principalmente per aver cantato fascetta nera e per aver bullizzato con omotransfobia Cloe Bianco, che poi si è suicidata.

Ma perché? Cos’ha di sbagliato la carriera alias? D’altronde, chi non è transgender, continuerà a utilizzare il proprio nome e il proprio cognome, chi è transgender invece avrà la possibilità di farsi chiamare con il nome che coincide con il genere in cui si riconosce. Questo priva qualcuno di qualche diritto? Fa un qualche tipo di propaganda? Manca di rispetto qualcuno? Semplicemente si permette a degli adolescenti di essere felici con se stessi e soprattutto a scuola. E sappiamo che degli studenti felici, studiano meglio. Ma forse l’Italia ci vuole ignoranti. Oppure morti.

Tra l’altro, ci aggiungo che la carriera alias è importante in quanto il processo di transizione, anche a causa della lenta burocrazia italiana, è davvero molto lungo, non basta uno schiocco di dita o svegliarsi un giorno e decidere si essere uomini o donne. Per ottenere una carta d’identità, anche avendo fatto la transizione, anche essendosi accettati completamente in un sesso diverso da quello con cui si è nati, anche avendo cambiato il proprio stile di vita, ci vogliono anni, e molti sono costretti ad avere il documenti d’identità con il proprio deadname, venendo costantemente umiliati. E Jacopo Coghe, con Provita Onlus, ha esagerato ancora una volta.

Jacopo Coghe di Provita Onlus diffida le scuole con la carriera alias

«Abbiamo lanciato la più vasta campagna legale contro l’ideologia gender in Italia, notificando circa 150 diffide ad altrettante scuole che hanno approvato la cosiddetta Carriera Alias per “alunni transgender” su pressione del movimento LGBTQIA+, intimandone l’immediato annullamento», scrive Jacopo Coghe in un comunicato ufficiale. Il motivo delle difficile è quello di «assegnare un nome diverso a uno studente in base a una mera auto-percezione di genere, per di più priva di una diagnosi di disforia di genere, non solo è una procedura dannosa per la sua sana maturazione psico-fisica, ma è soprattutto in aperto contrasto con le normative vigenti in campo amministrativo, civile e potenzialmente anche penale».

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Continuano dicendo che «l’amministrazione scolastica non ha alcun potere di modificare il nome anagrafico e l’identità legale di un individuo, e può comportare o incitare alla violazione dell’art. 479 del Codice Penale, che prevede il reato di “Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici». Sembra che alcune scuole abbiano già annullato la carriera alias, o fissato Consigli d’Istituto per farlo, e per quello che non l’hanno fatto si chiede l’intervento del ministero dell’Istruzione (che però è più impegnato ad avere lapsus e a invogliare all’umiliazione degli studenti).

Secondo Provita Onlus, «dire no alla “Carriera Alias” è un atto coraggioso e di civiltà da parte delle scuole, perché significa proteggere gli studenti, soprattutto se minorenni, dai rischi che corrono nel consolidare una auto-percezione soggettiva spesso temporanea, che può portare ad assumere farmaci ormonali per il blocco dello sviluppo sessuale o addirittura operazioni chirurgiche anche irreversibili non prive di gravi problematiche per la salute psicofisica dei giovani». Ed eccola, eccola la fake news! La carriera alias non è un documento ufficiale, non vengono cambiati i propri documenti e non implica l’assunzione di farmaci ormonali.

I motivi per cui sono contro vengono spiegati in un altro post: non rispetterebbe la legge, in quanto i «dati anagrafici possono essere modificati solo con apposita sentenza del Tribunale, rispettando una specifica procedura legale» (e infatti i dati anagrafici non vengono modificati), la scienza perché bisogna verificare «che la persona interessata sia realmente affetta da disforia di genere» (ah, adesso danno retta alla scienza? E comunque la stessa scienza medica promuove carriere alias e transizione sociale), i giovani (i giovani stessi la richiedono, chi non la richiede non viene costretto), le famiglie (vengono informate e in caso di minori danno il loro consenso) e addirittura la scuola (che è essa stessa ad approvare la procedura).

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In più, a proposito di diritti, sappiate che Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, ha anche deciso di scagliarsi e chiedere l’arresto di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, a seguito dell’aiuto al suicidio assistito fornito a Massimiliano, un 44enne di San Vincenzo (Livorno), affetto da sclerosi multipla, ricorso all’eutanasia in Svizzera. «Giustizia faccia suo dovere, punisca chi promuove morte a fragili», ha detto, parlando di omicidio. Sarebbe comunque utile sapere in qualità di chi Jacopo Coghe diffida scuole e chiede l’arresto di cittadini. La situazione, al momento, è davvero tragica.

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