Qaher Harhash, modello palestinese, attaccato dalla responsabile del design di Zara con commenti islamofobi

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Sebbene in Italia alla notizia non sia stato dato tanto rilievo, è importante parlare di come Qaher Harhash, modello palestinese di Gerusalemme Est, sia stato pesantemente attaccato dalla responsabile del design di Zara, Vanessa Perilman, dopo aver condiviso dei contenuti sul suo profilo pro-Palestina. La donna si è scatenata con insulti arabofobi e islamofobi, e ha chiesto scusa solo dopo che il modello ha condiviso gli screen dei suoi attacchi, quindi per paura di perdere il lavoro. Il razzismo, contro chiunque sia, non deve più passare inosservato, e infatti la comunità ha deciso di boicottare Zara.

La storia ha subito fatto il giro dei social network (non di quelli italiani, purtroppo, infatti la notizia è stata condivisa da Giovani Palestinesi su Instagram ma su Twitter non c’è alcuna tendenza come invece è accaduto per altri brand in occasioni simili, ricordiamo infatti la storia, fake tra l’altro, secondo cui Bella Hadid sarebbe stata licenziata da Dior per aver difeso la Palestina), ma forse dobbiamo solo aspettare che testate più importanti di Cup of Green Tea decidano di parlarne e di denunciare questo scandaloso comportamento da parte di un membro del team di Zara.

«Boicottate Zara»: la richiesta degli attivisti

Vanessa Perilman è la responsabile del design di Zara presso un rivenditore spagnolo e ha ritenuto che fosse una buona idea molestare con tantissimi messaggi razzisti e antipalestinesi il modello palestinese Qaher Harhash, solo perché aveva pubblicato delle storie su quello che succedeva in Palestina, sostenendo, ovviamente, il suo popolo. In una di queste storie, avrebbe definito Israele “cattiva”, e questo avrebbe scatenato l’ira di Vanessa Perilman, dipendente di Zara, che in privato gli risponde:

«Quindi il tuo obiettivo è cercare di mostrare al mondo che Israele è un paese orribile e malvagio che fa cose terribili ai palestinesi? Voglio vomitare. È così ingiusto e così bugiardo. Ma va tutto bene. La gente della mia industria conosce la verità su Israele e la Palestina, e NON smetterò MAI di difendere Israele, e persone come voi vanno e vengono. Alla fine, mentre gli ebrei sopravvivono all’Olocausto, sopravviveremo a questa merda dei media circensi che state pubblicando.

Forse se la tua gente fosse istruita, non farebbero esplodere gli ospedali e le scuole che Israele ha aiutato a pagare a Gaza. Gli israeliani non insegnano ai bambini ad odiare o a lanciare pietre contro i soldati come fa la tua gente».

Vi ricordiamo (qui se volete rivedere quel che succede in Palestina) che inizialmente il territorio occupato oggi da Israele era dei popoli arabi, dei palestinesi che, piano piano, progressivamente, si sono trovati sempre più senza casa, cacciati da quella che definivano tale, bombardati e uccisi da persone con cui all’inizio convivevano ma che per primi li hanno attaccati durante il primo conflitto mondiale. È da quel momento che i rapporti si fanno tragici. In ogni caso, Vanessa, dopo aver attaccato il popolo, ha attaccato personalmente il modello:

«Inoltre, penso che sia divertente che tu sia un modello perché, in realtà, è contro ciò in cui crede la fede musulmana, e se dovessi farlo sapere a qualsiasi paese musulmano, verresti lapidato a morte».

Ovviamente Qaher ha postato gli screenshot dei messaggi taggando Zara, la cui risposta non è tardata, soprattutto considerando che la storia intanto era stata condivisa da alcuni influencer che si occupano della causa palestinese, come Hannah Rsk. Zara ha chiesto di parlare direttamente con il modello per chiarire la situazione, e sapete come (non) è finita? Il brand ha chiesto che Qaher postasse le scuse (scritte giusto per non essere licenziata e per far lavare la faccia a Zara) di Vanessa. Quindi la vittima doveva essere obbligata a postare le scuse del carnefice.

Ovviamente si è rifiutato, e, pubblicando anche gli screenshot delle pseudo scuse (le trovate sotto quello che il modello ha scritto), ha postato sempre nelle sue storie:

«Ci sono 10 diverse scuse nella conversazione tra me e Vanessa, ma ho continuato a dirle di riprovare perché i suoi messaggi continuavano a contenere ma è o se è. Inoltre, voleva che comprendessi la prospettiva israeliana, che tutti sappiamo significa convivenza forzata sotto lo stesso status quo. Per me, una scusa significa riconoscere pienamente il dolore o la sofferenza che hai causato a qualcuno. Mi ha contattato in privato, ha scritto commenti odiosi; perché dovrei accettare delle scuse di merda?»

Dopo queste scuse, il modello fa sapere che la responsabile ha anche eliminato degli audio e dei messaggi che comunque si vedono negli screenshot condivisi online: «Mi chiedo perché qualcuno dovrebbe cancellare i propri messaggi prima di disattivare se non ha nulla da nascondere. Non starò in silenzio mentre Zara trova il modo di manipolare quello che è successo. Quello che è uscito dalla bocca di Vanessa è l’equivalente, se non peggio, dell’odio antisemita. Se Zara si preoccupa di tutti gli esseri umani di diversa provenienza, allora le azioni proposte dovrebbero essere soddisfatte. Ma, sfortunatamente, le azioni parlano più delle parole.»

Infine, conclude: «Se Zara vuole scusarsi con me, le scuse devono dire che stanno dalla parte degli indigeni e sono contro ciò che sta accadendo nei campi di concentramento cinesi nello Xinjiang. Devono anche affrontare l’islamofobia, che è ignorata dalla società europea. I musulmani comprano da Zara spesso. Quando alcuni stilisti hanno detto cose antisemite, sono stati licenziati dal loro lavoro in case di lusso. Inoltre, una campagna in cui sono presenti designer palestinesi che sono incredibilmente di talento dovrebbe svolgersi come un modo per sostenere la scena della moda palestinese».

Adesso sui social si chiede a tutti di boicottare Zara finché non licenzierà Vanessa Perilman e finché non chiederanno scusa, ma delle scuse fatte per bene questa volta. A chiederlo non sono solo le persone palestinesi ma chiunque abbia a cuore i diritti umani e civili di tutte le persone. Ecco alcuni tweet di utenti che hanno deciso di boicottare il brand:

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