Attivista LGBT tunisino picchiato dalla polizia

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A volte ti rendi semplicemente conto di essere nata nella parte del mondo fortunata, soprattutto quando leggi che un attivista LGBT in Tunisia viene picchiato dalle forze dell’ordine. Non succede solo in Tunisia, ovviamente. Anche nella così vicina all’Europa Bielorussia succede, e come dimenticare gli avvenimenti del Pride a Bialystok, in Polonia, del 2019? In Italia, però, paese in cui l’omofobia esiste e se ne sentono le conseguenze ogni giorno, non capita comunque di sentire notizie riguardo le forze dell’ordine che picchiano a sangue un attivista, per cui, per questo punto di vista, possiamo ritenerci fortunati, o semplicemente normali.

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Perché, in fin dei conti, dovrebbe essere la normalità non picchiare un ragazzo solo perché fa parte della comunità LGBT. Dovrebbe essere normale rispettarlo in quanto persona, a prescindere dal suo orientamento sessuale. Dovrebbe essere normale vederlo come una persona normale, lasciatemi passare il termine. Perché tutte le persone sono normali, per quanto la normalità possa essere un concetto molto soggettivo. Ma, in questo caso, un omosessuale è normale tanto quanto un transessuale che, a sua volta, è normale quanto un eterosessuale. Alla fine sono solo delle targhette che ci diamo per comprenderci un po’ di più e per sentirci parte di qualcosa. Ma siamo tutti esseri umani.

In Italia se un attivista LGBT venisse picchiato da dei poliziotti, io lo so che scoppierebbe una rivolta. So che ci sarebbero i soliti personaggi che sarebbero sempre dalla parte del poliziotto (perché è già successo che dei poliziotti picchiassero qualcuno, e che questi soggetti stessero dalla loro parte, vedi: Matteo Salvini è sempre dalla parte delle forze dell’ordine: anche quando picchiano una persona in sedia a rotelle (e non solo)), ma so anche che la gran parte dell’opinione comune sarebbe arrabbiata. So che scenderemmo in piazza per lui, lei o per lǝi, per rivendicare i suoi diritti alla libertà, proprio come abbiamo fatto con il DDL Zan.

Tuttavia, questo non avviene in Tunisia, come segnalato da Human Rights Watch (HRW), dove Badr Baabou, il direttore di uno dei pochissimi gruppi LGBT attivi sul territorio tunisino, è stato brutalmente picchiato da due persone che sono state identificate in due agenti di polizia. Il direttore dell’Associazione Damj per la giustizia e l’uguaglianza stava rientrando in casa, quando gli è stata fatta un’imboscata.

Tunisia: attivista LGBT brutalmente picchiato

È successo tutto il 21 ottobre 2021, come riportato da HRW, ma il suo non è neanche il primo caso. Baabou ha parlato con la testata Human Rights Watch e ha raccontato che due uomini gli hanno teso un’imboscata nel centro della città il 21 ottobre alle 21, mentre lui stava tornando a casa. Uno dei due aveva un giubbotto antiproiettile, mentre l’altro indossava degli stivali della polizia. A riguardo ha parlato anche Rasha Younes, anche della della comunità LGBT:

«L’assalto a Badr Baabou è stato un pericoloso tentativo di mettere a tacere lui e altri attivisti per i diritti LGBT. Le autorità tunisine dovrebbero rispondere con urgenza alla denuncia di Baabou, indagare sull’incidente e trovare gli aggressori responsabili»

Tra l’altro gli aggressori hanno anche rubato il portafoglio del ragazzo con i suoi documenti all’interno, il cellulare e anche il computer che usa a lavoro con delle informazioni riservate sulle persone che fanno parte dell’associazione (ci fa molto pensare alla “Kill list” per le persone LGBT dell’Afghanistan. Con Damj, l’attivista aveva denunciato diversi poliziotti che avevano perseguitato delle persone LGBT dal 2005, quindi il loro potrebbe essere stato un atto di vendetta.

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Il ragazzo racconta che «dopo che mi hanno spinto a terra e rubato i miei dispositivi, gli agenti di polizia mi hanno colpito ripetutamente con pugni e calci. Uno mi ha messo il suo stivale sul collo per farmi smettere di urlare. Non riuscivo a respirare», racconta. Tra l’altro c’è stata una vera e propria confessione. Uno dei due, quando un passante ha tentato di intervenire, ha detto che «siamo la polizia. Questa è la pena per chi insulta la polizia e sporge denuncia contro di noi». Una frase che mette i brividi e che conferma il nostro sospetto al paragrafo precedente.

Baabou, ovviamente, ha denunciato alla Procura della Tunisia una denuncia contro il diretto generale della sicurezza nazionale, contro il direttore della regione Tunisia e contro i presunti ufficiali, che conoscevano il suo nome completo e che hanno maledetto lui e il suo lavoro di difesa verso le persone LGBT. Le ferite riportate sono una commozione celebrare e diverse ferite al collo, alla gabbia toracica, agli occhi e al viso. Aveva anche ematomi e un trauma da corpo contundente di 2-4 centimetri alla testa e alla fronte. Il suo medico gli ha ordinato di essere monitorato regolarmente per 15 giorni.

Younes ha affermato che «gli attivisti e gli organizzatori LGBT non si sentono al sicuro per le strade della Tunisia. Le autorità tunisine hanno la responsabilità di indagare sull’attacco a Badr Baabou e garantire la sicurezza degli attivisti che stanno svolgendo un lavoro importante in un clima di intimidazione e violenza». Adesso vi lasciamo la foto delle condizioni in cui era il ragazzo, ma ovviamente se siete troppo sensibili non scorrete.

Fonte: hrw

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