Ivrea, la storia della professoressa transgender sostenuta dagli studenti, ma colpita dall’ignoranza dei giornali italiani

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Quando una professoressa trova il coraggio di fare coming out con i suoi studenti e con i suoi colleghi e viene apprezzata, accettata e sostenuta da tutti, ci spunta un sorriso sul volto perché ci rendiamo conto che in un’Italia in cui i politici predicano bene (si fa per dire…) ma razzolano male, c’è ancora speranza. Tuttavia, poi i giornalisti italiani si dimostrano per quel che sono: ignoranti, transfobici e fermi al secolo scorso. Succede a Ivrea, dove Andrea Perinetti, 61 anni e docente di latino e greco da 25, è stata sostenuta dalla scuola, ma colpita dai giornali locali.

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Questi non sono proprio dei bei giorni per l’Italia, considerando quante inchieste sono venute fuori nell’ultima settimana. Da una parte abbiamo un giornale oscurato per un inchiesta su Durigon, dall’altra ancora un uomo condannato a 13 anni per aver aiutato delle persone, ma poi gli stupratori o chi ne uccide ne prendono 12. Da una parte abbiamo un uomo che ha sempre linciato pubblicamente tantissime persone che non la pensavano come il suo capitano, rovinando loro la vita, che si dimostra ancora più feccia di quanto si pensava, dall’altra un importante partito di destra che ha sempre detto di non essere fascista, sembra avere fin troppi patrioti al suo interno.

E adesso la storia di Andrea Perinetti, che inizialmente ci ha fatto sorridere perché è sempre bello vedere come molti giovani abbiano una mentalità molto più aperta rispetto ai propri genitori o nonni, o soprattutto rispetto ai giornalisti che, ancora una volta, misgenderano una persona transger rivolgendosi a lei con dei pronomi sbagliati. È successo con Elliot Page, è successo con Maria Paola, succede ogni giorno. Tra l’altro, nei giornali locali parlano di “studenti spaventati” o di “chiacchiere” sulla sessantunenne che ha trovato il coraggio di essere se stessa, ma in realtà gli unici a chiacchierare e a essere ignoranti sono proprio i giornalisti alla ricerca di uno scoop che non esiste.

Andrea Perinetti: la professoressa si racconta

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La storia è stata denunciata in primis dagli studenti. «Ciao! Io e delle mie amiche vi stiamo contattando per chiedervi se è possibile diffondere sulla vostra ampia piattaforma una situazione transfobica accaduta nel nostro comune, di cui non si parla molto», scrivono delle ragazza in un post pubblicato da “unabottaevia_”. Raccontano poi che «nel liceo classico del nostro comune (Ivrea, provincia di Torino), una professoressa ha fatto coming out come transgender e la reazione degli alunni è stata molto supportiva se non indifferente», giusto a testimoniare come gli unici a essere ignoranti nei confronti della comunità LGBT sono gli adulti.

Continuano poi dicendo che «a tal merito, una testata giornalista del paesino ha pubblicato un articolo transfobico su questa professoressa, chiamandola “un professore vestito e truccato da donna” e misgenderandola, non rispettando i suoi pronomi femminili e non rispettando la sua identità di genere. Per altro, l’autore dell’articolo ha scritto delle bugie mentendo sul fatto che gli studenti si siano stupiti e spaventati.» In poco tempo la storia ha fatto il giro del web, ed è arrivata anche alle importanti testate come La Repubblica, che ha intervistato la professoressa Perinetti.

«Avevo pensato di affrontare il cambiamento andando in un’altra scuola in cui avrei potuto presentarmi subito come donna e di andare in una città più grande dove nessuno avrebbe fatto pettegolezzi. Invece ho deciso di restare e di dare una testimonianza di autenticità ai miei studenti. E sono contentissima di averlo fatto», ha detto Andrea Perinetti, insegnante di latino e greco al liceo Carlo Botta di Ivrea, a La Repubblica. Racconta di aver studiato lì e poi di essere divenuta insegnante nel 1996. Un paio d’anni fa ha intrapreso la transizione da uomo a donna.

Racconta che le reazioni al suo coming out sono state «tutte straordinarie. La prima a saperlo, a luglio, è stata la dirigente scolastica: mi ha detto che mi avrebbe accolto in qualunque modo io avessi deciso di presentarmi ai ragazzi. Poi ci sono stati i colleghi: molti che avevano capito mi hanno chiesto perché ci ho messo tanto ad aprirmi. E poi lo hanno saputo gli studenti e le loro famiglie. Non mi aspettavo così tanti messaggi, anche di genitori ed ex allievi: quasi tutti hanno detto che ho avuto forza e coraggio, ma è stata piuttosto una mia necessità di vita. Tutti abbiamo diritto ad essere felici e volevo essere una testimonianza».

Parla anche delle critiche che ha ricevuto, che però confrontate con il supporto che ha ricevuto, valgono zero. «Sono usciti dei post, pochi, e un trafiletto con espressioni transfobiche e sono stati i ragazzi ad arrabbiarsi, a me è scivolato via», ha detto. Questa è l’ennesima testimonianza di come un DDL Zan forse servirebbe più ai genitori o ai professionisti, che agli alunni. Ma dimostra anche che a tanti altri farebbe piacere avere a che fare con una figura che li rappresenta, che non li fa sentire isolati nella scuola.

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La professoressa racconta infatti che «una ragazza mi ha detto di essere lesbica ma di non riuscire a dirlo ai suoi. E un’ex allieva sta vivendo una situazione complicata. Credo che la mia presenza a scuola sia utile anche per prevenire casi di bullismo perché si prende di mira ciò che non si conosce». Perché uno studente si sente più a suo agio a parlare con un docente o con un professionista che sa che lo capirebbe e non lo giudicherebbe. Uno studente non si spaventa, ma accetta e cerca di comprendere.

«Le nuove generazioni sono molto più aperte. Proprio pensando ai ragazzi, che in questa fase della vita sono alla ricerca della loro identità, ho deciso che dovevo essere autentica. Che io sia la stessa insegnante di prima lo hanno capito subito, spiego nello stesso modo ma mi dicono che adesso nei miei occhi c’è una luce diversa e più bella», conclude la donna. Questa è l’ennesima testimonianza di come ci sia speranza per il futuro, di come i ragazzi siano più intelligenti di chi li governa. Bravi ragazzi, e buona nuova vita alla prof. Andrea Perinetti!

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