Alice in Borderland: recensione serie tv Netflix (spoiler free)

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Negli ultimi giorni i social si dividono in chi non ha ancora visto Alice in Borderland e in chi scrive «ma perché nessuno parla di quanto sia bella Alice in Borderland?», così presa dalla curiosità ho deciso di guardarla anche e, inutile anche dirlo, l’ho finita in un pomeriggio perché un episodio tira l’altro e ne sono rimasta molto soddisfatta, dal primo all’ultimo episodio.

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Fonte: twitter

In realtà è uscito sulla piattaforma di streaming di Netflix più di 10 giorni fa, ma persino io non ne ero attratta. O meglio, lo avevo inserito nella lista delle serie da vedere ma poi me ne sono completamente dimenticata, finché, post dopo post, ho visto persone parlarne fin troppo bene e, insomma, è raro, ho addirittura letto che qualcuno la definisce la serie tv più bella del 2020! Per cui, ieri ho deciso di vederla e, ragazzi, che spettacolo. Ai miei occhi inesperti non ha un difetto.

Prima di passare alla recensione (chiaramente spoiler free), vi racconto qualcosa su questa serie. In primis, la serie non è un’originale Netflix, ma è tratta dall’omonimo manga di Haro Aso, tradotto in Italia da Flashbook Edizioni, sebbene non sia disponibile in tutti i suoi 18 volumi. Si presuppone, però, che se la serie otterrà successo in Italia (e speriamo che lo ottenga), potrebbe esserci una ristampa o proprio un’acquisizione di diritti da parte di una casa editrice, come è avvenuto anche con altre serie o anime.

Alice in Borderland è anche stato un anime, tuttavia non è mai arrivato in Italia. Insomma, siamo stati sfortunati ma, fortunatamente, la voglia di Netflix di creare live-action di manga (sebbene con Death Note non gli sia andata molto bene), ha fatto scoprire anche a noi questo capolavoro di serie. Gli episodi della prima stagione sono 8 e durano circa 40 minuti, all’inizio ci sembrano un battle royal, tuttavia ha più le dinamiche di un survival game.

Alice in Borderland: la nostra recensione

Cercherò di recensire al meglio Alice in Borderland senza fare alcuno spoiler, dirò giusto il minimo per convincere chi è ancora indeciso se iniziare questa serie inserita nella lista di Netflix giorni fa, a cominciare a guardarla. Iniziamo con l’esporre la trama e i personaggi. La storia inizia con tre ragazzi ancora bambini, che non si rendono conto dei problemi della vita.

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Fonte: twitter

Abbiamo Arisu, che passa le giornate davanti ai videogames, preferendo questi alla vita reale, all’università o al lavoro; Karube, che invece è il tipico ragazzo belloccio e che si mette sempre nei guai; Chota, timido, molto religioso e anche piuttosto sottomesso dai suoi amici. Insomma, tre ragazzi completamente diversi ma che in comune hanno il non saper cosa fare della propria vita. L’avventura inizia quando, come vediamo dal trailer, vengono catapultati in una sorta di mondo parallelo mentre si nascondono dalla polizia.

Ci vuole poco, però, a comprendere che qualcosa in quel mondo non va, poiché è completamente desolato e loro sembrano gli unici sopravvissuti, finché non si trovano a dover gareggiare. Piano piano comprendono le dinamiche di questo gioco, in cui, l’unico obiettivo, è vincere e, il premio per la vittoria, è essere ancora vivi… Fino al prossimo gioco.

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Fonte: twitter

(Questo potrebbe essere uno spoiler per chi non ha ancora visto Alice in Borderland, non molto importa ma pur sempre spoiler per cui saltate il paragrafo)
i giochi hanno diverse difficoltà e tipologia, che vengono misurate in livello da 1 a 10 e possono essere indovinelli in cui serve l’intelligenza, in altri potrebbe servire agilità, in altri ancora lavorare in gruppo. I più difficili, però, sono quelli che possiamo definire battle royale, poiché vince solo chi uccide l’altro.

Ovviamente non ci sono solo questi personaggi e, piano piano, conoscere e vi innamorerete di tutti. C’è anche, senza dirvi chi è, un personaggio transgender che sarà protagonista di una delle scene più iconiche di tutta la prima stagione di Alice in Borderland. Un altro invece mi ha ricordato molto Klaus di The Umbrella Academy e, se avete visto anche questa serie Netflix, penso proprio che lo riconoscerete subito.

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Fonte: twitter

Per me che non sono molto esperta di videogame o di questi generi, è stato avvincente, appassionante, per niente scontato, c’erano i soliti stereotipi dei manga ma non erano per niente fastidiosi, dalla teenager tosta, dal genio psicopatico (un misto di L e Kira di Death Note ma con l’aspetto di Kenma di Haikyuu), alla bella lavoratrici che ottiene il lavoro con prestazioni, al gangster duro ma tenero con chi ama e all’altro psicopatico che ucciderebbe chiunque. Insomma, ci sono davvero tutti.

Per quanto concerne il genere, lo abbiamo detto, c’è un mix anche in questo caso, soprattutto perché, in genere, i Battle Royale dimostrano di avere una sola trama sin dal principio invece vi renderete conto che in Alice in Borderland questo non accade e a un certo punto ci troviamo a dover affrontare problemi che sembrano centrare poco con quello che seguiamo all’inizio della storia, cavalcando un’onda completamente diversa.

Ciliegina sulla torta di Alice in Borderland, poi, è la fotografia insieme ai colori della serie, con colori freddi e cupi quando si è in game che diventano caldi quando ci sono i flashback delle vite precedenti dei personaggi. Insomma, come se dovessero esprimere il proprio stato d’animo, non è spettacolare? Varrebbe la pena guardarlo anche solo per questi piccoli dettagli.

Voi darete un’opportunità ad Alice in Borderland? O non siete fan di anime e manga e quindi partirete già storcendo il naso, perdendovi una serie meravigliosa?

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