Afghanistan: 9 uomini e 3 donne frustate in uno stadio per “adulterio e sesso gay”

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Perché non se ne parla? Mercoledì scorso dei talebani hanno frustato tre donne e nove uomini davanti a centinaia di spettatori in uno stadio sportivo provinciale, proprio come facevano nel loro governo duranti gli anni Novanta. Ma non avevano detto di esser cambiati? Evidentemente no, e il fatto che in tutti questi mesi l’Europa non sia minimamente intervenuta mentre altre persone continuano a essere uccise solo per essere omosessuali, ci fa capire quanto poco importi al paese delle persone che soffrono, finché non sono bianche, bionde e con gli occhi azzurri.

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La situazione delle persone LGBT in Afghanistan già prima dell’arrivo dei talebani non era positiva. Una comunità non esisteva, le persone venivano uccise ma venivano uccise nel silenzio generale. Quello che cambierà adesso è che saranno uccise in piazza, davanti a tutti, come se fosse una punizione. Le persone in Afghanistan LGBT vanno aiutate adesso, come andavano aiutate anche prima e come andranno aiutate anche nel futuro. Tuttavia, la richiesta d’aiuto inizialmente arrivò da una pagina LGBT afghana su Instagram:

«Noi persone afghane LGBT+ siamo minacciate di sterminio per il solo fatto di essere noi stessǝ. Vi esortiamo a concedere asilo alle persone LGBT+ afghane!», hanno scritto 3 giorni fa. Ieri, invece, hanno scritto un post più lungo, ringraziando «tutti per la vostra gentilezza con le persone in Afghanistan, specialmente per la comunità LGBT afghana. A causa del grande volume di messaggi, non siamo in grado di rispondere a tutti i messaggi, ma grazie a tutti per l’invio di messaggi da tutto il mondo.

Secondo la nostra ricerca, le persone LGBT afgane sono in grave pericolo a causa del controllo del potere da parte dei talebani. Molte persone LGBT sono state giustiziate dai talebani tra il 1996 e il 2001. I talebani sono molto violenti con le persone LGBTQ. Abbiamo ricevuto molti messaggi che molte persone nella comunità queer hanno perso le loro case a causa della guerra e vivono per strada senza riparo. Molti queer non hanno accesso a cibo, medicine e beni di prima necessità.

Inoltre, a causa dell’aumento della violenza, molte persone stanno cercando di lasciare l’Afghanistan, ma non possono permetterselo». Spiegano che per questo motivo hanno deciso di raccogliere delle donazioni insieme a Queerkade, un’associazione canadese senza scopo di lucro. «Le vostre donazioni raggiungeranno gli afghani che sono dovuti scappare dall’Afghanistan per salvare la propria vita e coloro che non sono ancora stati in grado di andarsene».

Ahmad Qais Munhazim è, ha fatto sapere Gay.it qualche mese fa, l’«assistente professore di studi globali della Thomas Jefferson University, a East Falls in Philadelphia ed esperto di migrazioni Lgbt+Il suo cellulare è un trillo continuo di messaggi che arrivano da un paese naufragato nel terrore». E questo non è neanche il peggio!

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Racconta che una persona transgender gli ha scritto che «c’è speranza di svegliarmi domani ma ho paura che qualcuno mi ucciderà stanotte». «Un mio amico nella provincia di Lowgar è stato catturato dai talebani e portato in moschea. Gli hanno tagliato parti del corpo, lo hanno smembrato. Anche la famiglia non ha denunciato il fatto perché tutti qui abbiamo paura», racconta un altro. (Trovate altro qui: Afghanistan LGBT: l’appello del professore Ahmad Qais Munhazim a Gay.it)

Le persone, tutte le persone, in Afghanistan vanno aiutate. Non solo i bambini, non solo le donne, non solo i collaboratori. Se si arriva a pensare che attaccarsi a un aereo rischiando di morire (e, alla fine, morire) precipitando pur di non restare sotto la dittatura dei talebani sia normale, c’è un problema di base nella nostra società. Vi ricordiamo che abbiamo scritto un articolo con tutte le associazioni a cui potete donare e anche delle petizioni da firmare. Se potete, donate. Se non potete, almeno firmate.

Afghanistan: i talebani frustano in pubblico pubblicamente 3 donne e 9 uomini

L’ufficio del governatore della provincia di Logar, a sud della capitale Kabul, ha invitato allo stadio della città di Pul Alam a Logar «illustri studiosi, mujaheddin, anziani, capi tribù e gente del posto». Gli inviti per l’evento delle 9:00 sono stati estesi tramite i social media. Che evento? Un convegno sui diritti umani? Un concerto di qualche band locale i cui profitti vanno in beneficenza? Ovviamente no: l’evento prevedeva la punizione pubblica di 12 persone, punite con 21-39 frustate ciascuno, dopo essere stati condannati in un tribunale locale per furto e adulterio. Disumani. I talebani, si intende.

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Un funzionario dell’ufficio del governatore, che ha parlato in anonimato in quanto non gli è permesso condividere dei dettagli con i media, ha parlato di un pubblico di centinaia di persone, con il divieto di scattare foto e video. La ripresa della pratica da parte dei talebani, dopo diversi anni, ha fatto emergere la loro intenzione di attenersi alla rigida interpretazione della legge islamica, la Sharia. «La legge della Sharia è l’unica soluzione per i problemi in Afghanistan e deve essere attuata», ha detto il vice governatore di Logar, Enayatullah Shuja, in una dichiarazione sulle frustate.

Queste frustate pubbliche erano infatti molto comuni durante il primo periodo di governo dei talebani, dal 1996 al 2001. E adesso che sono tornati al potere lo scorso anno, hanno deciso di riprendere queste barbariche pratiche. La prima fustigazione pubblica confermata dall’occupazione talebana dei giorni contemporanei è avvenuta l’11 novembre, quando 19 uomini e donne hanno ricevuto 39 frustate ciascuno per presunto furto, adulterio e fuga di casa. E questo potrebbe essere solo l’inizio.

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