San Marino: il 26 settembre si vota il referendum per rendere legale l’aborto

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Continuano le discussioni sull’aborto, ma questa volta in uno Stato molto più vicino a noi. San Marino è il terzo Stato più piccolo dell’Europa e le donne sono ancora punite con il carcere se ricorrono all’aborto, anche se la donna rischia la vita portando a termine la gravidanza. In poche parole chiedono loro di scegliere fra la morte o il carcere. Tuttavia, finalmente i cittadini avranno il potere di cambiare questo: il 26 settembre si potrà votare il referendum per cambiare la legge risalente al 1865.

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Qualche giorno fa abbiamo gioito per la conquista di diritti delle donne in Messico, a cui sarà consentito abortire in tutto lo Stato senza rischiare il carcere.  «La donna deve chiedere ai servizi sanitari di eseguire l’aborto, e se si rifiutano di farlo, può andare da un giudice e presentare ricorso. Il giudice ora avrà il potere di ordinare l’aborto», disse a riguardo Alex Alí Méndez, costituzionalista ed esperto di aborto, all’Afp. A sostenere questa decisione è stato il Presidente della Corte Suprema, Arturo Zaldivar, definendolo «un passo in più nella storica lotta per l’uguaglianza (delle donne), la dignità e il pieno esercizio dei loro diritti».

Non ovunque però va bene. In Texas, ad esempio, di recente è stato approvato l’Heartbeat Act, che vieta l’aborto dopo la sesta settimana e che è ufficialmente la più stringente d’America. Questa legge vieta l’aborto dopo che è stata rilevata la prima attività cardiaca embrionale, quindi dopo circa sei settimane, senza avere delle eccezioni come in caso di stupro o incesto. Gli studiosi tra l’altro ritengono che quello che viene rilevato durante questa fase è solo «una parte del tessuto fetale che diventerà il cuore come l’embrione si sviluppa».

Adesso tocca a San Marino scegliere del proprio destino, dopo 18 anni di tentativi sempre stroncati dalle associazioni cattoliche antiabortiste. Il primo tentativo di rendere legale l’aborto fu nel 2003 e ci furono tante polemiche, ma anche quest’anno, nel 2021, le associazioni cattoliche, in particolare Comitato Uno, non si sono risparmiate, creando un manifestato con la foto di un ragazzo con la sindrome di down con la scritta «Io sono un’anomalia, per questo ho meno diritti di te?». Ironico come le associazioni cattoliche difendano più la vita di un feto rispetto a quella di una donna.

San Marino: speranze per il referendum sull’aborto

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Al momento a San Marino l’aborto è considerato un vero e proprio crimine e le donne non possono ricorrervi neanche se si trovano in pericolo di vita, se sono rimaste incinta dopo uno stupro o se il feto rischia di nascere morto, quindi questo causerebbe una doppia sofferenza per la donna, o addirittura la morte. Insomma, a San Marino la vita di un feto che potrebbe persino nascere morto è più importante di quello della donna. Al momento è uno dei pochi Stati in Europa a non consentire l’aborto con Città del Vaticano, Malta, Andorra, Liechtenstein e aggiungiamo anche la Polonia, che lo prevede solo in rarissimi casi che equivalgono alla minoranza.

Nel mondo attuale quindi se una donna di San Marino vuole abortire deve spendere minimo 1500 euro per andare nella vicina Emilia Romagna e godere dell’anonimato della sanità italiana. Ma l’Unione Donne Sammarinesi (UDS) sta cercando di cambiare questo e di depenalizzare l’aborto, e questo sarà possibile solo se tutte le persone decideranno di non odiare le donne il 26 settembre con il referendum. Quello a cui mira il referendum è cambiare gli articolo 153 e 154 del codice penale sammarinese che stabiliscono il divieto all’aborto senza eccezioni e che l’aborto di un figlio illegittimo comporta pene meno severe.

«Perfino in Polonia, lo stato che ha una delle leggi più restrittive d’Europa sull’interruzione di gravidanza, è prevista la depenalizzazione dell’aborto nel caso in cui la donna sia in pericolo di vita. A San Marino no. Lo stato di necessità – il fatto che per salvare la donna si possa far morire il feto – è un’attenuante al reato frutto dell’interpretazione nella prassi, ma non esplicitata dalla legge», ha detto Karen Pruccoli, Presidente dell’Unione Donne Sammarinesi (UDS), durante un’intervista con L’Espresso.

In quest’intervista ha anche sottolineato che si è arrivati a fare questo referendum nel 2021 solo perché «noi sammarinesi siamo state impegnate in altre campagne come quella sulla cittadinanza che le donne perdevano se si sposavano con un uomo di un altro Stato» ma anche a causa dell’«indifferenza della politica che, consapevole del problema, ha sempre fatto leva sulla buona capacità di arrangiamento delle donne. Abbiamo portato avanti più tentativi per depenalizzare l’IVG ma sono sempre falliti.»

Tra l’altro, rendere illegale l’aborto non contribuisce a non far abortire le donne, poiché quelle che possono spendono 1500 euro e abortiscono in Emilia Romagna, ma contribuisce anche a fare crescere «il numero degli aborti clandestini, delle persone che si procurano la pillola abortiva RU sul mercato nero, di coloro che portano avanti gravidanze indesiderate. Sono situazioni con cui noi dell’Unione Donne Sammarinesi siamo in contatto». Per questo motivo hanno «deciso di indire un referendum. Lo scorso 15 marzo il collegio garante della costituzionalità ha dichiarato ammissibile il quesito».

Tuttavia si trovano a dover lottare contro il «Comitato Uno di Noi, costituito dai pro-vita locali si batte affinché le cose restino così come sono ora. Preferiscono l’omertà e l’ipocrisia perché le donne sammarinesi abortiscono lo stesso ma lontane dai loro occhi. Anche la chiesa cattolica ha un ruolo influente nel dibattito, data l’impostazione patriarcale della religione non vogliono che le donne acquisiscano il diritto di autodeterminarsi». Il 26 settembre è la data decisiva per votare il referendum, e fino ai due giorni precedenti si impegneranno per la campagna.

«Il quesito è volutamente semplice, chiaro e in linea con la legge 194 italiana che ha legalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza nel 1978. Chiediamo che la donna sia libera di scegliere cosa fare entro la 12° settimana e che dopo le sia garantita la possibilità di abortire per pericolo di vita o per gravi malformazioni al feto. Il referendum è di tipo propositivo quindi rimane il reato penale per i casi d’aborto non contemplati nel quesito. Subito dopo il voto, qualora vincesse il sì, il Consiglio Grande e Generale dovrà legiferare sulla depenalizzazione dell’aborto e quindi regolamentare anche tutti quegli aspetti che rendono possibile l’IVG come i consultori, l’obiezione di coscienza, etc».  

Spiegazione del referendum

Auguriamo una buona fortuna a San Marino, sperando che le donne riescano finalmente a decidere sul proprio corpo senza dover sottostare a una legge creata due secoli fa. Vi invitiamo a visitare il loro sito ufficiale per leggere tutte le informazioni a riguardo e soprattutto leggere come smentiscono le tante fake news.

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