Definire “una grandissima vittoria” la sentenza USA sull’aborto è danzare sulle tombe delle donne morte

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Simone Pillon ritiene una «grandissima vittoria» la sentenza USA riguardante l’aborto, chiedendo persino che questa «brezza arrivi anche da noi». Mario Adinolfi, invece, la definisce una «decisione storica», sottolineando che «finalmente il diritto universale a nascere prende forma». Tuttavia, se da una parte prende forma il diritto universale a nascere, viene calpestato il diritto a vivere, il diritto di scegliere sul proprio corpo e sulla propria vita, di ogni donna. Perché vietare l’aborto non fa diminuire gli aborti. Ma fa solo aumentare il pericolo che una donna deve affrontare durante una gravidanza. Perché di gravidanza e di aborto, si muore.

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Fonte: The Guardian

«La Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto e nessun diritto del genere è implicitamente protetto da alcuna disposizione costituzionale, inclusa quella su cui ora si basano principalmente i difensori di Roe e Casey: la Due Process Clause del quattordicesimo emendamento». «Quella disposizione è stata ritenuta garante di alcuni diritti che non sono menzionati nella Costituzione, ma qualsiasi diritto del genere deve essere ‘profondamente radicato nella storia e nella tradizione di questa nazione’ e ‘implicito nel concetto di libertà ordinata», ha detto il giudice Samuel Alito.

«È tempo di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti del popolo», scrive ancora. La Costituzione a cui fa riferimento, ricordiamolo, è del 1787, ed evidentemente è l’anno in cui i giudici e i sostenitori contrari all’aborto sono rimasti. Per il repubblicano Majorie Taylor Greene, questo è «fantastico, una benedizione». «Le persone devono capire che questo non pone fine all’aborto e semplicemente lo restituisce allo stato consentendo agli stati di fare le proprie leggi». Ma il caso Polonia ci insegna cosa significa vivere in uno Stato bigotto e conservatore.

L’anno scorso la Polonia ha preso la decisione di rendere ancora più restrittiva la già restrittiva (più di tutta l’Europa) legge sull’aborto. Prima di questa legge si contavano solo 2000 aborti legali ogni anno, e sottolineiamo legali perché chi ne aveva la possibilità andava all’estero oppure, nel XXI secolo come era fatto quando vivevamo in tempi non fatti per le donne, si sottoponevano a interventi illegali che potevano anche mettere in pericolo la propria vita. Le organizzazioni femministe hanno stimato circa 200.000 aborti totali.

Il caso più famoso è quello di Izabela, una donna di 30 anni, polacca e incinta, già madre, morta a causa di un’infezione dovuta a delle complicazioni sorte nella 22esima settimana di gravidanza. Secondo la legale (Jolanta Budzowska) che rappresenta la famiglia i medici hanno scelto di non operarla per far sì che il feto morisse “naturalmente“, come stabilito dalla legge polacca sull’aborto e che vieta a qualsiasi medico di interrompere delle gravidanze anche per difetti congeniti. Solo che quando è morto il feto, è morta anche Izabela.

«Il divieto ha fatto molte cose. Quello che non ha fatto è fermare gli aborti».

Krystyna Kacpura, presidente della Federazione per le donne e la pianificazione familiare

A gennaio, poi, una donna di 37 anni incinta di due gemelli è morta dopo che uno dei suoi feti era morto e i medici non lo hanno rimosso per sette giorni. La famiglia ha accusato i medici di aspettare per paura di nuocere all’altro feto e di essere oggetto di un possibile processo. E ancora, una donna incinta di 19 settimane quando le si sono rotte le acque, ha sviluppato un’infezione ed è quasi morta dopo che i medici hanno aspettato quattro giorni prima che il battito cardiaco del suo feto si fosse fermato per rimuoverlo.

Potete leggere di più a riguardo: La Polonia insegna al mondo quali sono i rischi di vivere in un Paese dove l’aborto è vietato

Nonostante quindi ci sia una vera e propria testimonianza in Europa di quello che significa vivere in un paese in cui l’aborto è illegale, nonostante siano morte delle donne perché dei medici si sono rifiutati di farle abortire sebbene la gravidanza non sarebbe mai stata potuta essere portata a termine, Simone Pillon vuole portare il bigottismo statunitense anche in Europa e in Italia. Vuole per caso condannare le donne italiane a morte?

Gioire per l’abolizione del diritto all’aborto negli USA significa danzare sulle tombe delle donne morte

Simone Pillon

Ben due post! Ha scritto due lunghi post Simone Pillon, con in primo piano la foto di neonati allegri. «Una grandissima vittoria: la corte suprema ha abrogato l’aborto negli USA!», scrive come titolo. «Dopo 50 anni la Corte suprema americana ha abrogato la famosa sentenza Roe vs. Wade, fondata su un caso falso, che aveva autorizzato l’aborto negli Stati Uniti. L’aborto volontario non è un diritto». Quello che però il senatore leghista non dice, è che nessuna donna che abortisce lo fa con gioia. A volte lo si fa per la propria vita, per il proprio futuro. Lo si fa perché vittime di violenza e di stupro.

«Ora portiamo anche in Europa e in Italia la brezza leggera del diritto alla vita di ogni bambino, che deve poter vedere questo bel cielo azzurro. Lavoreremo per questo, senza metterci contro nessuno ma restando dalla parte delle mamme, dei papà e dei loro bambini», aggiunge, lodando poi il «presidente Trump, che non ha mai fatto mistero di voler difendere la vita nascente, nominando giudici pro life alla Corte Suprema». Il fatto che per Simone Pillon non esistano uomini e donne, ma solo papà e mamme, non stupisce. Che poi sia dalla parte dei bambini è tutto da vedere, visto che protegge solamente quelli cisgender ed eterosessuali.

Nel secondo post continua a lodare la «straordinaria sentenza della Corte Suprema USA», dicendo di essere pieno di gioia «per i bambini che si salveranno dalla morte, per le mamme e i papà che saranno finalmente aiutati a scegliere per la vita, per le giovani generazioni che potranno essere educate a conoscere la sacralità della vita sempre». Ma il senatore ricorda di star parlando degli Stati Uniti, dove solo in sei mesi ci sono state più di 200 sparatorie, di cui alcune anche nelle scuole? Di un paese dove il diritto a nascere è ritenuto più importante del diritto a continuare a vivere, poiché le armi continuano a essere vendute come sacchetti di patatine?

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Le persone morte nella strage del Texas, perché abortire è omicidio ma possedere delle armi con cui si può uccidere, è un diritto.

Io, poi, non voglio proprio credere al fatto che Simone Pillon ritenga che, abolendo il diritto d’aborto, si fermino gli aborti. Non può essere così ingenuo. Vietare il diritto all’aborto significa semplicemente mettere ancora più in pericolo la vita delle donne, non solo perché molte potrebbero morire perché è stato loro vietato di abortire (e la storia della Polonia ci insegna e basta), ma anche perché altre si troveranno costrette a rivolgersi a cliniche o medici clandestini che potrebbero mettere in pericolo la loro sicurezza.

Non è comunque d’accordo il suo collega di partito, Matteo Salvini, che sottolinea di credere «nel valore della vita, dall’inizio alla fine, ma a proposito di gravidanza l’ultima parola spetta sempre alla donna». Per una volta, e forse sarà la prima e anche l’ultima, non possiamo che concordare con il leader leghista. Puoi essere pro o contro l’aborto, puoi scegliere di abortire e non abortire, ma la decisione spetta solo alla singola donna.

Mario Adinolfi

Passiamo poi a Mario Adinolfi, che pubblica uno scritto chiamato: “Esultiamo per una decisione storica“, allegando anche un video. «La decisione della Corte Suprema americana sull’aborto è storica, ma non fatevi fuorviare dalle inutili drammatizzazioni ordite da interessi precisi. Semplicemente ora decideranno democraticamente i singoli Stati come regolamentare l’aborto, non sarà obbligatorio consentirlo fino alla 24esima settimana (bambino di 6 mesi, totalmente formato) come finora era prassi negli Usa», spiega. Tuttavia, la gran parte dei Paesi degli Stati Uniti, è contro l’aborto, e questo renderà molto più complicato abortire.

La definisce una «sentenza omicida», e poi ricorda che «da noi in Italia il limite è posto alla 12esima settimana dalla legge 194. Gli abortisti hanno ritenuto intollerabile il limite alle 15esima settimana, pretendevano di mantenere la 24esima settimana e in alcuni Stati di andare anche oltre con l’aborto tardivo». L’aborto tardivo che avrebbe potuto salvare la vita di tante donne polacche. E se vogliamo metterla dal punto di vista del bigotto cattolico, avrebbe potuto salvare la vita di tante madri.

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Fonte: Allriot

«Noi del Popolo della Famiglia non possiamo che esultare. È stato posto un argine all’orrore per cui negli Usa ogni cinque bambini concepiti uno veniva ucciso nel ventre materno. Finalmente il diritto universale a nascere prende forma», conclude nel primo post. Nel secondo poi pubblica la foto de «la mamma di Clara e Joanna Benedetta», «davanti ad un ulivo che parla di pace» e ritiene «che l’essere femminile è pieno di grazia, non può concepire un orrore chiamato aborto, è al mondo per dare la vita e non per toglierla». Ha per caso detto che l’unico scopo di una donna è quello di essere madre?

Nel terzo post, poi, invita i suoi followers a cantare e stonare con lui, lodando ancora una volta «la Corte suprema americana, viva il diritto universale di ogni bambino a nascere». E infine arriviamo all’ultimo, indirizzato «all’amico abortista e non credente», allegando un’immagine con dei bambini in Paradiso che dicono grazie. E noi ripetiamo ancora: le donne che sono morte perché dei medici non si sono presi la responsabilità di farle abortire in quanto illegale, ringraziano?

La questione religiosa non c’entra nulla con i 62 milioni di bambini statunitensi abortiti per via di una sentenza finalmente dichiarata incostituzionale. Mi rivolgo direttamente ad un mio amico abortista, uno dei tanti che in queste ore si è mostrato scandalizzato dalla decisione della Corte Suprema americana e pensa che gli sia stata imposta una visione religiosa della vita, a lui non credente.

Caro amico abortista e non credente, non è così. La religione non c’entra nulla: il no all’aborto è figlio della ragione. Per una porzione sempre più ampia di popolazione è chiaro che la vita umana inizia il giorno del concepimento. Ogni storia, la mia e la tua e quella di ogni altro essere umano, è iniziata in quel preciso istante. Nessuno, neanche una donna, meno che mai mia madre, può decidere per me e può cancellare la mia storia ab origine.

Non pretendo di convincere nessuno. Ma pretendo che la questione sia decisa democraticamente. E se il popolo del Texas e di altri 27 Stati degli USA democraticamente deciderà secondo ragione, impedendo la soppressione di un essere umano dal momento in cui il suo cuore batte, voi dovrete accettare il verdetto della democrazia. Senza adottare quell’aria di superiorità che non avete, che non meritate, se non sapete accettare che il popolo democraticamente decida diversamente dalle vostre convinzioni.

Noi abbiamo accettato le decisioni del popolo sovrano quando sono state imposte ai nostri convincimenti. Adesso tocca a voi. Viva il diritto universale di ogni bambino a nascere, un vero diritto di civiltà. Basta soppressione di bambini innocenti, soppressioni che in tutti gli Stati Uniti venivano garantite nelle cliniche Planned Parenthood fino alla 24esima settimana, ottenendo per questo fondi federali per miliardi di dollari. Ora la mattanza degli innocenti è finita, sarà fortemente limitata negli Stati dove il popolo così vorrà. Dovremmo far festa tutti e inchinarci alle decisioni della democrazia. 

Altre reazioni

Dura la posizione di Emma Bonino, senatrice di Più Europa: «la sentenza della Corte Suprema dopo 50 anni cancella il diritto di aborto negli Usa a livello federale, perdendo così il livello di costituzionalità. Ora saranno i singoli Stati, un po’ come avviene in Europa, basti pensare a Polonia e Ungheria, oltre ai rigurgiti antiabortisti anche nel nostro Paese, a disciplinare questa libertà». Manda così la sua solidarietà «alle donne americane che si ritrovano nella stessa situazione di decenni fa con una sentenza tutta intrisa di politica, visto che i giudici eletti erano stati nominati dall’amministrazione Trump».

Tuttavia, ritiene che «questa sentenza è un richiamo forte anche per noi, donne e uomini in Italia ed in Europa: sui diritti non si può mai rimanere fermi, se non si va avanti si rischia di andare indietro. Se non si conquistano maggiori spazi di libertà e responsabilità, il rischio è di perdere conquiste che sembravano immodificabili. Dobbiamo esserne tutte e tutti consapevoli, anche nelle battaglie politiche, perché non è vero che “sono tutti uguali”, specialmente sui diritti e delle donne in particolare».

Ovviamente anche Laura Boldrini del PD ha detto la propria opinione, definendo la scelta di abolire l’aborto dai diritti costituzionali un «clamoroso e preoccupante passo indietro di 50 anni, architettato dai giudici nominati dall’ex presidente Trump, gli stessi che soltanto pochi giorni fa hanno dato il via libera all’uso delle armi in città. Questa l’eredità della destra retrograda e oscurantista che alimenta discriminazioni e disparità di genere».

«Quanto accaduto dimostra ancora una volta che i diritti non sono per sempre, ovunque – anche in Italia – c’è il rischio che partiti e movimenti reazionari possano arrivare a minare le libertà e l’autodeterminazione delle donne, come prevede la loro agenda politica. È fondamentale quindi non abbassare la guardia per evitare questa deriva. Oggi le donne americane sono state punite per il sol fatto di appartenere al proprio genere. È successo negli Stati Uniti, dove l’affermazione dei movimenti femministi ha rappresentato un modello di riferimento a cui ispirarsi. Una allarmante marcia indietro»

Laura Boldrini

La senatrice del Movimento 5 Stelle, Elisa Pirro, capogruppo nella commissione Sanità di Palazzo Madama: «L’abolizione della sentenza Roe v. Wade, che dal 1973 rendeva legale l’aborto negli Stati Uniti, è una brutta notizia per i diritti delle persone di tutto il mondo. La decisione presa dalla Corte Suprema deve metterci in guardia, non solo per le orribili conseguenze immediate di questa decisione ma per l’indirizzo che sta prevalendo: il vento oscurantista soffia anche in Europa. Viviamo tempi bui per i diritti, non riusciamo ad aggiungerne di nuovi e facciamo passi indietro su quelli acquisiti».

Federico Fornaro, di Liberi e Uguali: «la sentenza di oggi lascia esterrefatti. In un solo colpo si torna al medioevo dei diritti delle donne. Quella che si è sempre definita la più grande democrazia del mondo cancella un diritto sacrosanto e di tutti, non solo delle donne», mentre Carlo Calenda di Azione, afferma che «un diritto fondamentale diventerà oggetto di una violenta contrapposizione politica e religiosa. Assistiamo ad una regressione della democrazia americana di cui dobbiamo molto preoccuparci».

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