Riforma reclutamento docenti: 60 cfu e taglio di oltre 10 mila cattedre

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La scuola dovrebbe essere presa sul serio. Ci vantiamo sempre della scuola italiana, della nostra cultura riguardante il passato, però non andiamo mai avanti. Potrei parlare a lungo dei problemi che ha la scuola italiana (per non parlare dell’università che adesso diventerà solo più asfissiante per chiunque voglia prendere il percorso dell’insegnamento), ma invece di provare a risolverli, invece di ascoltare gli studenti, si tagliano oltre 10 mila cattedre e si sostituiscono i 24 CFU (quindi 4 esami) con i 60 CFU (quindi uno o due esami in più).

Prima di darvi la notizia, vorrei dire la mia opinione a riguardo. Ritengo che ci siano lati positivi e negativi in questa situazione. In primis, il tirocinio: il tirocinio consentirà ai futuri insegnanti di acquisire esperienza e quindi, una volta di ruolo, dare il meglio per gli studenti. Dall’altra, però, il tirocinio va retribuito. Non possiamo sopportare lo sfruttamento nel 2022 (a proposito, quando si fa qualcosa per l’alternanza scuola-lavoro?).

I 60 CFU potrebbero davvero preparare i futuri insegnanti per evitare di trovarci dei docenti insensibili e con la minima empatia nei confronti degli studenti: ma che si facciano anche esami di didattica. Gli esami di didattica sono importanti. Sono importanti perché ti insegnano a insegnare. La pedagogia, psicologia e tutte le materie affini sono fondamentali per la salute mentale dello studente, ma lo è anche la didattica in modo da interessare e intrattenere l’alunno che potrà studiare con più piacere.

Ma parliamo anche di un’altra cosa: 60 CFU non sono una passeggiata. Non li fai in un mese, o in un semestre. Quindi chi studia per diventare docente dovrà fare tre anni di triennale (se tutto va bene), poi due di magistrale (sempre se tutto va bene) e poi un anno di master. Se prima si poteva insegnare persino con il diploma magistrale, e poi con una triennale, e poi con una magistrale, adesso il percorso diviene sempre più lungo e, soprattutto, costoso. Non è che è un altro modo per permettere alle università di lucrare sugli studenti? Chiedo.

Si continua a pensare al benessere degli studenti delle scuole superiori, perché indubbiamente questo percorso dei 60 CFU è stato fatto per loro, per “permettergli di avere dei docenti sensibili, empatici e preparati” (non basterebbe mandare in pensione quelli che si sono stancati di fare il proprio lavoro?), ma agli studenti universitari chi ci pensa mai? Perché la salute mentale degli universitari, tutta la pressione che devono subire per poi dover persino attendere anni prima di poter lavorare, non è minimamente accettabile.

Formazione docenti: 60 CFU al posto del PF24

«Approvata questa notte dal Senato la modifica al DL 36, nell’ambito della formazione docenti, con cui abbiamo stabilito che il tirocinio rappresenterà il 30% dei 60 crediti complessivi, quindi 20 crediti (12 ore per ogni credito)», ha detto il ministro dell’istruzione Bianchi alla Camera. È stato quindi ufficialmente approvato con 179 voti a favore, 22 contrari e nessuna astensione, il percorso di 60 CFU, che più che un percorso è un master.

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Fonte: Pexels

Il percorso abilitante dei 60 CFU sarà gestito dalle singole università e si concluderà con una prova scritta e una lezione simulata. In questo modo, per diventare insegnante bisognerà avere: laurea triennale + laurea magistrale (no per ITP) + percorso abilitante di 60 CFU + concorso + un anno di prova in servizio con test finale e valutazione conclusiva. Chi ha già acquisito i 24 CFU non si preoccupi: non andranno perduti, ma verranno riconosciuti in questo nuovo percorso. Tuttavia, data ultima per acquisirli è il 31 ottobre 2022.

Cambierà anche il concorso, che sarà articolato in:

  • una prova scritta con più quesiti a risposta aperta volta all’accertamento delle conoscenze e competenze del candidato sulla disciplina della classe di concorso o tipologia di posto per la quale partecipa, nonché sulle metodologie e le tecniche della didattica generale e disciplinare, sull’informatica e sulla lingua inglese;
  • prova orale: nella quale si accertano, oltre alle conoscenze disciplinari, le competenze didattiche e le capacità e l’attitudine all’insegnamento anche attraverso un test specifico;
  • valutazione dei titoli;
  • graduatoria di merito, in base ai punteggi ottenuti nella prova scritta, nella prova orale e nella valutazione dei titoli, nel limite dei posti messi a bando (quindi la GM comprende i soli vincitori).

Abbiamo parlato di anno di prova in servizio: cos’è? I vincitori saranno sottoposti a un periodo annuale di prova e, superato questo, diventeranno di ruolo. Per superare questo periodo, bisognerà svolgere servizio almeno per 180 giorni, di cui 120 in attività didattiche, e in più ci sarà un test finale e una valutazione del dirigente scolastico che sarà ascoltato dal comitato per la valutazione dei docenti, sulla base dell’istruttoria di un docente tutor. Se non lo si supera, può essere ripetuto una sola volta. Se lo si supera, il docente lavorerà nella stessa scuola.

Il tirocinio

«Il tirocinio può essere visto da 2 punti di vista che vanno tenuti distinti», ha spiegato il ministro dell’istruzione Bianchi alla Camera:

  1. «Il tirocinio è una misura attiva per affrontare un percorso di lavoro, quanto meno necessaria, avendo chiarissimo il paradosso nel nostro paese che da una parte i dati evidenziano che una volta laureati il destino dei nostri ragazzi è quello di avere dei contratti a tempo determinato (oltre il 50% dei ragazzi ha un contratto a tempo determinato anche brevissimo, di tre mesi); e d’altra parte a noi è chiaro che nel nostro paese c’è un altissimo numero di maggiorenni che non studiano e non lavorano e quindi una sofferenza dei settori aziendali più dinamici che non trovano persone qualificate e formate disposte a lavorare (ed è un vincolo alla crescita).
  2. La lettura della scuola e dell’università è quella di sviluppare percorsi di tirocinio come parte strutturata del percorso educativo. L’orientamento al lavoro sia una parte strutturata di un curriculum. Ecco perché il Pcto, per il ruolo fondamentale dell’orientamento».

Ritiene che le prossime riforme legate al Pnrr dovranno tenere conto dei numeri demografici, in quanto «il problema principale che noi abbiamo non è l’extra numerosità delle classi, che praticamente è finita, ma la caduta demografica di certe zone del Paese».

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Sottolinea poi che «il tirocinio non configura un rapporto di lavoro, questo deve essere chiarissimo. Le attività degli Ifp sono molto più rivolte al lavoro di quanto non siano i tirocini negli istituti tecnici. In ogni caso non c’è ombra di dubbio che queste attività si devono svolgere nella massima sicurezza, ma sia chiaro che gli incidenti sul lavoro non hanno riguardato i Pcto, ma le attività degli Ifp, di responsabilità delle regioni».

L’onorevole Valentina Aprea, però, chiede che venga riconosciuto un rimborso per i tirocinanti e anche per gli studenti ITS e del quinto anno di scuola superiore. Speriamo che almeno questa richiesta venga ascoltata, perché i 60 CFU rendono davvero complesso voler diventare insegnanti.

Il taglio alle cattedre

Oltre a ciò, tuttavia, non si parla abbastanza del taglio alle cattedre: più di 10 mila in 3 anni. «Tutti i partiti hanno cercato di evitare il taglio della scuola. Tutta la maggioranza era d’accordo, ma l’accordo è stato spazzato via. Saranno tagliate 10.000 cattedre in 3 anni», ha detto Mattia Crucioli di Alternativa. Antonio Iannone di Fratelli d’Italia: «C’è una deficienza nel rapporto col governo. Al senatore Nencini la mia stima umana e sincera, ma sembra di ascoltare dei turisti svedesi in parlamento che criticano il governo e tra due ore voteranno la fiducia».

E ancora, Riccardo Nencini della VII Commissione Cultura: «Il risultato è apprezzabile, non totalmente positivo. Non viene toccata la carta docenti, c’è la valutazione di merito, non c’è più il concorso per quiz ma con domande aperte. Potevamo fare di più e fare meglio. Con questo provvedimento la tecnocrazia ha raggiunto punte mai raggiunte. I tecnicismi rendono il parlamento vassallo».

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Fonte: Pexels

Simona Malpezzi del PD, capogruppo dem a Palazzo Madama: «Non siamo riusciti a fare tutto. La ragioneria di stato ci ha bocciato. I risparmi della scuola per la denatalità devono tornare alla scuola. Questa maggioranza chiedeva una prova specifica per accertare le capacità dei docenti con già dell’esperienza. Non ci sono più i quiz ai concorsi per docenti. Abbiamo mantenuto la carta del docente. La retribuzione degli insegnanti è fondamentale, torneremo ad occuparcene».

Loredana De Petris di Liberi e Uguali ritiene che «la qualità degli insegnanti non può essere giudicata con dei quiz. Siamo l’unico paese europeo col bilancio in Costituzione, è diventato una corda al collo. Il parlamento spesso non è nelle condizioni di far rispettare le proprie decisioni e il proprio lavoro». Mario Pittoni della Lega definisce tutto ciò un “successo“: «La compattezza mostrata dalla maggioranza ha permesso di non toccare risorse per la carta del docente. Resta comunque la spesa per l’istruzione in Italia la più bassa in Europa. Non può considerarsi chiusa la questione della fase transitoria per i precari. I concorsi a crocette hanno dimezzato i candidati impegnati».

La reazione dei futuri insegnanti

Inutile dire che non l’abbiamo presa bene. I 60 CFU sono un modo per rendere il percorso universitario più complesso e per avvicinarci al mondo del lavoro sempre più tardi. Ma anche un modo per allontanare sempre più persone dal mondo dell’insegnamento. Se i 24 CFU si svolgono in un semestre, i 60 CFU li svolti in minimo un anno. Ciò non significa solo ancora più tempo sui libri, ma ancora più soldi alle università.

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