25 novembre contro la violenza sulle donne: i dati sono allarmanti

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Dal 1999 l’ONU ha istituito la ricorrenza della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, designando il 25 novembre come data della ricorrenza. Una giornata di cui ogni anno si sente sempre più il triste bisogno.

Perché abbiamo bisogno del 25 novembre

In molti obiettano dicendo che le donne vanno protette dalla violenza tutti i giorni, il che è vero. Ma bisogna pur ammettere che una giornata internazionale ufficiale come questa serve a che ogni anno, una volta l’anno, le attenzioni di tutto il mondo siano rivolte verso una serie di tematiche a noi tristemente note che molto spesso – negli altri giorni – tendiamo a dare per scontato nella vita frenetica di tutti i giorni.

Vorremmo che fosse diverso, e dovrebbe esserlo, ma le notizie di violenza contro le donne (di ogni etnia, religione, età, estrazione sociale) fanno parte ormai della nostra dose quotidiana di notizie spiacevoli. Basta accendere la televisione, aprire le prime pagine di un quotidiano o dei notiziari locali per scoprire che una donna, un’altra, l’ennesima ha subito una violenza inaudita.

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Fonte: Pixabay

Molto spesso, però, di queste violenze cui ogni giorno milioni di donne in tutto il mondo sono sottoposte, si parla quando in realtà emerge la punta di un già di per sé terrificante iceberg. Perché l’uccisione è solo una, la più grave e ignobile, delle violenze di cui sono vittime le donne. Soprusi sul lavoro, violenza psicologica, cat-calling, sedicenti “corteggiatori” molesti e invadenti, slut-shaming, commenti e umiliazioni pubbliche, revenge porn. Ogni singola forma di violenza e sopraffazione va considerata tale, anche e soprattutto perché hanno tutte una matrice comune: l’uomo.

I dati sono allarmanti

Nel pomeriggio di ieri, alla vigilia di questa importante ricorrenza, prima ANSA e poi altri quotidiani nazionali hanno riportato i dati del rapporto annuo sui femminicidi nel nostro Paese, diffuso da Eures.

I dati sono allarmanti, come ogni anno.

Fino al 31 ottobre 2020, in Italia sono state uccise 91 donne, una ogni tre giorni, contro i 99 femminicidi riscontrati nello stesso periodo l’anno scorso. In realtà, ad essere diminuite sono solo le vittime della criminalità comune, mentre la maggioranza dei femminicidi avviene in ambito familiare (81 femminicidi). Sono 56 sono le donne uccise nel contesto di coppia.

Dai dati parziali sul 2020 (che appunto coprono finora solo i primi dieci mesi dell’anno) risulta che nella maggior parte di questi casi i femminicidi sono il risultato di altre violenze pregresse. Molto spesso non denunciate.

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Fonte: Pixabay

Il 2020, inoltre, ha dato un’occasione di allarme in più per quanto riguarda la violenza sulle donne. E’ ben noto a tutti come da marzo siano stati attuati provvedimenti per contenere il contagio da covid-19 che nella maggior parte dei casi ha relegato tutti noi – donne comprese – nelle nostre case. Ebbene, come emerge da questo rapporto, molti dei tragici femminicidi avvenuti in questi mesi sono per mano di un convivente (4 su 5, secondo alcune fonti).

Un quadro allarmante e di grande preoccupazione, cui si aggiunge un altro rapporto reso noto ieri: quello proveniente dal Dipartimento per le Pari Opportunità. Le chiamate al 1522 – il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking – nel 2020 sono fortemente aumentate, intensificandosi particolarmente nei mesi del lockdown. A chiamare sono nella maggior parte dei casi le vittime stesse, ma anche parenti, amici, conoscenti delle vittime.

Le violenze per cui le donne (o chi per loro, come figli o genitori) si rivolgono al 1522 sono perpetrate nella maggior parte dei casi dal partner attuale (58,4%) o da un ex partner (15,3%). Seguono poi in misura minore, ma non per questo meno importanti, le violenze attuate da membri della famiglia (di solito, genitori o figli).

Chi parla, come parla

Un altro tema su cui ultimamente si stanno levando più voci è quello della rappresentazione mediatica di questi avvenimenti, di cui ci siamo precedentemente occupati qui.

Perché, se come detto prima, la violenza sulle donne è un tema all’ordine del giorno la rappresentazione che ne restituiscono certi giornali e certi commenti da salotto virtuale non è più rassicurante. Anzi.

Il victim-blaming è all’ordine del giorno.

Proprio ieri, infatti, un editoriale del quotidiano Libero, firmato dall’ormai tristemente noto Vittorio Feltri, si riferisce così al caso di cronaca che ha visto coinvolto un noto imprenditore e una ragazza 18enne.

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Fonte: Twitter

“I cocainomani vanno evitati”: come se droga e stupro andassero di pari passo. E come se, ancor peggio, la colpa fosse della ragazza e delle sue conoscenze poco raccomandabili.

“La ragazza stuprata è stata ingenua”. Quanta ingenuità può mai esserci in uno stupro?

Sui social non tarda a scoppiare la polemica. L’articolo parte dal web, fa il giro lungo dei social e ritorna al mittente con commenti più che duri e indignati.

Non solo la società civile (o, come mi auguro, chiunque dotato di un minimo di buon senso) ha fatto sentire il suo dissenso, ma anche esponenti (donne) della politica.

Così Laura Boldrini, che si è sempre mostrata sensibile alle tematiche della discriminazione di genere e della violenza sulle donne:

Ancora, Rossella Muroni deputata del gruppo LEU:

In ultimo, a chiudere, Valeria Valente (Presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio):

Vittorio Feltri e il suo quotidiano Libero oggi hanno davvero esagerato. Scrivere che i cocainomani vanno evitati e che una ragazza di 18 anni brutalmente stuprata se l’è cercata è esattamente ciò che combattiamo ogni giorno. […] Questa è violenza di genere, è vittimizzazione secondaria, è sessismo. E noi donne non siamo più disposte ad accettarlo.

Grazie Valeria, grazie Rossella, grazie Laura, grazie ad ogni singola donna che si batte tutti i giorni – anche il 25 novembre – per le discriminazioni che subiamo. Donne, unite, contro il nemico comune: la violenza di genere.

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Fonte: Pixabay

 

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